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1. INTRODUZIONE ALLA GENETICA (2010)

L'EREDITARIETA' è quella tendenza che gli organismi hanno a possedere caratteristiche ("caratteri") simili a quelle dei loro genitori.  Questa è una proprietà condivisa da tutti gli organismi viventi.

La GENETICA è la scienza che studia le leggi dell'ereditarietà.

Come premessa di metodo, osserviamo che le comunicazioni in qualsiasi ambito scientifico si svolgono attraverso articoli originali pubblicati su riviste che sottopongono l'articolo a un processo di revisione da parte di altri ricercatori (peer-review) prima di accettarlo. Questi articoli possono essere identificati, per qualsiasi argomento di carattere biologico, medico e infermieristico, usando il motore di ricerca "PubMed": http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/
Solo i dati pubblicati mediante questo sistema possono essere ritenuti affidabili, mentre è rischioso confidare nelle informazioni genericamente reperibili sul "web" ma non sottoposte a controllo. Un'altra fonte di informazione fondamentale per la Genetica è la banca dati "OMIM" (Online Mendelian Inhritance in Man): http://www.ncbi.nlm.nih.gov/sites/entrez?db=omim&TabCmd=Limits
Questa risorsa consiste in un accurato catalogo di caratteri umani, normali o patologici, per i quali sia sospettata o dimostrata una componente ereditaria. Per ciascun carattere è disponibile una scheda aggiornata e riassuntiva degli articoli pubblicati sul tema, curata dalla Johns Hopkins University.

La maggior parte della massa del pianeta è formata da materia non vivente (rocce, acqua, ecc.). Una delle proprietà fondamentali che distingue un non vivente da un vivente è la capacità di riprodursi: un vivente può dare origine ad una entità simile a se stesso, e questo vale per batteri, piante e animali, fino all'uomo, il quale si trova al vertice della scala evolutiva.
La capacità di dare origine a nuovi individui della stessa specie attraverso la riproduzione ha da sempre colpito l'uomo, che però prima dello sviluppo della biologia moderna non era in grado di spiegarne il meccanismo.

MODALITA' DI TRASMISSIONE DEI CARATTERI EREDITARI UMANI

Nel linguaggio comune i termini "familiare", "congenito", "ereditario" e "genetico" sono spesso usati in modo interscambiabile, ma in Medicina ciascuno di essi ha un significato preciso e ben distinto da quello degli altri.

Familiare: un carattere che tende a manifestarsi tra i membri di una stessa famiglia. L'andamento familiare di una malattia può essere dovuto a cause genetiche, ma anche solo a cause ambientali, se i membri della famiglia condividono lo stesso ambiente di vita.

Congenito: un carattere clinicamente presente alla nascita. La presenza alla nascita non indica che è stato ereditato: potrebbe essere stato acquisito in utero, ad es. per infezione o per traumi endouterini occorsi durante la gestazione; viceversa, un carattere ereditario potrebbe non essere congenito, se si manifesta dopo anni o decenni dalla nascita.

Ereditario: un carattere trasmesso di generazione in generazione.
Le malattie ereditarie sono dovute ad alterazioni del patrimonio ereditario trasmissibili, come si ha quando la mutazione colpisce un gamete da cui avrà origine l'individuo o le cellule embrionali nei primi stadi di sviluppo. L'individuo diventato adulto recherà quindi la mutazione anche nei suoi gameti e la potrà trasmettere alla discendenza, per cui si può anche dire che tutte le malattie ereditarie hanno tendenza alla familiarità.
Circa l'1-2% delle malattie umane è rappresentato dalle malattie ereditarie monofattoriali. In questi casi, mutazioni in un certo gene causano direttamente un fenotipo patologico ben determinato, senza influenza determinante da parte di altri geni o dell'ambiente. Sono note circa 6000 patologie monofattoriali, in gran parte rare. Della maggior parte di esse si è identificato, o si sta identificando, il gene le cui mutazioni causano la malattia.
Nel caso dei caratteri ereditari multifattoriali, esiste una componente genetica alla base del carattere, consistente tuttavia in più geni e non in un solo gene, e con influssi sulla manifestazione del carattere da parte dell'ambiente, per cui in questo caso non è possibile usare le leggi di Mendel per prevedere la probabilità percentuale che ciascun figlio manifesti il carattere. In questi casi quindi si può dire che alcuni geni predispongono alla manifestazione del carattere, ossia aumentano la probabilità che si manifesti. Molti caratteri fisici si trasmettono secondo il modello multifattoriale: altezza, peso, pressione arteriosa, colore dei capelli, degli occhi e della pelle, longevità, così come molte malattie umane: malattia aterosclerotica (alla base di infarto cardiaco e ictus cerebrale), obesità, diabete, la grande maggioranza delle neoplasie maligne. Alcune eccezioni sono costituite dal coloro rosso dei capelli (che è un carattere monofattoriale e che segue le leggi di Mendel) e da alcuni tipi di tumori maligni che sono causati dalla trasmissione ereditaria di un gene mutato in grado di innescare lo sviluppo di una neoplasia.

Genetico: un carattere riconducibile ad alterazioni del patrimonio genetico. Le malattie genetiche comprendono quindi tutte le malattie ereditarie, ma anche malattie dovute a lesioni del DNA non ereditabili dalla progenie. In questo senso il cancro si può definire una malattia "genetica" perché causato da mutazioni del DNA nelle cellule somatiche, ma nella grande maggioranza dei casi non è ereditario, perché non risultano mutate le cellule germinali, ma solo quelle del tessuto da cui ha preso origine il tumore. Anche la Sindrome di Down può essere classificata come malattia "genetica" (alterazione del patrimonio genetico del cromosoma 21, presente in 3 copie invece di 2), ma solo raramente "ereditaria" (perché normalmente i soggetti Down non possono avere figli e quindi non possono trasmettere la malattia).
 

Va osservato che un individuo è sempre simile, ma non è mai esattamente identico al genitore (o ai due genitori, nel caso della riproduzione sessuata). Coesistono quindi, nella trasmissione dei caratteri lungo generazioni successive, due fondamentali proprietà:
STABILITA' e VARIABILITA'. La stabilità rende conto della conservazione delle caratteristiche fondamentali della specie (Homo sapiens è riconoscibile come tale, dal punto di vista strettamente biologico, per la sua anatomia, fisiologia ecc.), mentre la variabilità si evidenzia come una serie di differenze, più o meno accentuate, presentate dai vari caratteri e che permettono di distinguere tra loro singoli individui della stessa specie; si considerino, ad esempio, variazioni nel colore dei capelli e degli occhi, nella statura, ecc. Anche i gemelli monozigoti (i cui embrioni derivano dallo stesso ovocita fecondato per separazione delle cellule embrionali iniziali) non sono mai realmente "identici". Presentano una  somiglianza molto accentuata, ma i caratteri osservabili, così come alcune regioni del loro DNA, non sono mai uguali al 100%.
La genetica si propone precisamente di descrivere i fenomeni relativi alla trasmissione dei caratteri e cerca di spiegare i meccanismi che sono alla base della loro stabilità e variabilità. Il gene è l'unità fondamentale della trasmissione dei caratteri, e chimicamente è costituto da DNA (acido desossiribonucleico). Tuttavia, la sua azione è modificata dall'ambiente, per cui il fenotipo (l'insieme dei caratteri osservabili) deriva sempre dall'interazione tra genotipo (il patrimonio ereditario dell'individuo) e l'ambiente.

GENETICA MOLECOLARE

Negli ultimi 30 anni sono stati fatti continui progressi nella Genetica Molecolare, una disciplina che ha come fine la comprensione dei meccanismi molecolari alla base delle leggi dell'ereditarietà. La sequenza ordinata con cui sono disposti i 4 componenti elementari della molecola di DNA (nucleotidi con le basi A, C, G o T) costituisce a tutti gli effetti un messaggio, una informazione, che contiene istruzioni dettagliate per il montaggio dei più importanti costituenti delle cellule, le proteine. L'informazione è, in generale, una diminuzione di incertezza che si ottiene con l'invio o il ricevimento di un messaggio; il messaggio del DNA è scritto con 4 tipi di "lettere" molecolari (le basi azotate dei nucleotidi), così come le parole di un messaggio umano sono combinazioni di circa 20 possibili lettere. Ogni volta che aggiungiamo una lettera scrivendo un testo, il nostro pensiero si precisa sempre di più, e l'incertezza massima iniziale su quello che potevamo dire (il foglio bianco), si riduce via via; allo stesso modo, ogni volta che aggiungiamo una certa base alle precedenti sulla molecola di DNA, si specifica con sempre maggiore completezza l'istruzione per la formazione di una certa proteina, diversa dalle altre.
Il codice genetico è l'insieme di regole, stabilite in natura, che sono seguite per interpretare le informazioni contenute nel DNA, che consistono nell'indicare l'ordine di montaggio appropriato, per ciascuna proteina, dei 20 tipi di molecole (amminoacidi) che si combinano in sequenza per formare la proteina stessa. Il funzionamento delle proteine determinerà poi le caratteristiche delle cellule che le producono e le contengono, e, alla fine, dell'organismo costituito da queste cellule. Queste informazioni, proprio come una serie di istruzioni scritte da un ingegnere per fabbricare un componente, possono essere ricopiate, lette e trascritte, e interpretate in modo appropriato, così come possono anche contenere errori. Il gene è oggi considerato una delle tante istruzioni contenute in ogni cellula, in forma di una certa regione, sulla molecola di DNA, che contiene le informazioni necessarie alla sintesi di una determinata catena di amminoacidi (catena polipeptidica); il gene rappresenta quindi una determinata porzione del patrimonio genetico complessivo, il genoma, che nell'uomo comprende circa 25.000 geni.

L'informazione varia continuamente originando la variabilità biologica. La variabilità biologica si distingue in due grandi aspetti, quella di specie e quella di individuo all'interno di una stessa specie. Oggi sono noti i dati sulla percentuale di coppie di basi che differenzia, ad esempio, l'uomo dal primate a lui più simile, lo scimpanzè (circa l'1-2%), o un individuo umano dall'altro (circa lo 0,1%). Se il progetto varia oltre certi limiti si può avere una nuova specie, se invece vi sono piccole variazioni si hanno individui diversi di una stessa specie. Ancora una volta tutto questo è dovuto alla sequenza del DNA. Piccole variazioni della sequenza fanno si che nessuno di noi sia completamente identico, geneticamente, a un altro individuo (neanche nel caso dei gemelli monozigoti).

La base molecolare della possibilità di variare la sequenza è dovuta principalmente alla modalità chimica del riconoscimento tra le basi. Per motivi inerenti alla struttura chimico-fisica degli anelli carboniosi delle basi azotate, è possibile che la ridistribuzione delle cariche, che avviene per le oscillazioni degli elettroni, comporti in alcuni istanti la modificazione dei gruppi atomici implicati nell'appaiamento delle basi. Queste modifiche, se intervengono durante la replicazione del DNA, possono permettere appaiamenti sbagliati. Non esiste in natura nessuna macchina perfetta, e anche il complesso macchinario molecolare che copia il DNA e lo ridistribuisce alle cellule figlie non è esente da errori. Moltiplicandosi nel tempo questi errori danno origine, su grande scala, a variazioni tali da far comparire nuove specie o da modificare gli individui mutanti di una certa specie.
 

ALTRE BRANCHE DELLA GENETICA

Sebbene i meccanismi generali della Genetica valgano per tutti i viventi, una branca importante della genetica è quella che si occupa specificamente dell'uomo (Genetica Umana). Guardando un essere vivente della nostra specie, quelli che risaltano con maggiore facilità sono i caratteri più esterni: colore degli occhi, dei capelli, della pelle, ecc. Tradizionalmente si sono distinti cinque gruppi ("razze") in base al colore della pelle:
bianco-caucasico, giallo-australiano, nero-africano, giallo-asiatico, rosso-indiano.
In realtà l'analisi del DNA mitocondriale, che si trasmette esclusivamente per via materna, ha dimostrato che tutti gli individui della specie umana mostrano differenze graduali originate da variazioni di un unico ceppo originario, ristretto possibilmente anche a un solo individuo, presente nella regione centrale dell'Africa circa 100.000 anni fa. Lo studio della variabilità ha anche dimostrato che può esserci più differenza tra individui dello stesso gruppo, che tra individui appartenenti a gruppi differenti. L'accentuazione delle variazioni in poche caratteristiche esteriori (come il colore della pelle), che possono essere determinate da un numero molto ristretto di geni, a discapito di una  valutazione più completa della complessa costituzione genetica dell'individuo (genotipo), può portare a conclusioni errate circa le somiglianze biologiche, ed è evidentemente basata su motivi storici o culturali. Sulla base della analisi delle sequenze del DNA, non è possibile individuare "razze" distinte all'interno della specie Homo Sapiens Sapiens, unica specie del genere Homo. Lo scimpanzè è il primate più simile all'uomo, con cui ha somiglianze per il 98% del DNA. Caratteristica che fra tutti gli animali solo l'uomo possiede è la autocoscienza ("coscienza di sé"), la ragione ("coscienza della realtà secondo la totalità dei suoi fattori"), per cui l'uomo esprime la reazione nei confronti della realtà in cui si muove in base alla coscienza che ne ha, fino a esprimerla in termini di domanda sul significato della realtà totale in cui si muove, e su se stesso. Questa è una differenza qualitativa incolmabile e non soggetta a misura, che nel caso dell'uomo introduce un fattore da considerare non riducibile al semplice insieme delle sue caratteristiche biologiche. Una posizione realistica nei confronti dei temi correntemente al centro del dibattito sulla applicabilità delle varie tecnologie genetiche all'uomo dovrebbe tener conto di questo fattore.

La trasmissione dei caratteri riguarda per quanto detto la fisiologia normale dei viventi; tuttavia, si osserva anche in natura la possibilità che alcuni caratteri siano patologici, ovvero siano manifestazione di una alterazione della funzione di un organismo (malattia). Questi caratteri, se ereditari, vengono trasmessi con le stesse leggi identificate per i caratteri normali. La parte della Genetica che si occupa più specificamente delle malattie umane che presentino una componente ereditaria esclusiva o prevalente è la Genetica Medica.

Tra i caratteri complessi (ossia non attribuibili a un singolo gene) che da un secolo si cerca di attribuire a meccanismi ereditari, in una interminabile diatriba, vi sono anche molti caratteri psichici, considerati nell'ambito della Genetica del comportamento: l'intelligenza, i talenti di ogni tipo, l'orientamento sessuale, la tendenza a sviluppare patologie psichiatriche (in particolare la schizofrenia e la psicosi maniaco-depressiva), il comportamento violento, la tendenza a praticare sport estremi...

Attribuire questi caratteri alla struttura ed espressione dei geni che l'individuo possiede comporta conseguenze importanti, non solo a livello medico, ma anche a livello sociale. Basti pensare alle conseguenze della attribuzione di un determinato comportamento, quale la tendenza a passare dall'aggressività alla violenza, a un particolare gruppo di geni. Per ridurre i crimini, potrebbe essere reso obbligatorio uno screening genetico di massa per individuare chi ha il crimine "nel sangue", o più correttamente nel proprio patrimonio genetico. E' tipico della psicologia moderna il tentativo di attribuire tutte le proprie sproporzioni morali all'esito di meccanismi determinati (determinismo), ora spostati fino al livello molecolare in forza del paradigma scientifico predominante.

Due ordini di considerazioni rendono molto discutibili questi ricorrenti tentativi di spiegare il comportamento umano in base alla biologia molecolare.

Innanzitutto, a tutt'oggi, a fronte di migliaia di studi condotti con i metodi più disparati in molti gruppi diversi di soggetti, nessuna variazione nella sequenza di DNA di uno o più geni è stata correlata a nessuno specifico comportamento umano, normale o patologico, in modo riproducibile.

In secondo luogo, ammettere in linea di principio che un fattore misurabile (l'attività di una o più molecole) possa determinare le modalità dell'azione umana contrasta con la osservazione, nell'agire tipicamente umano, di un fattore non misurabile ma sperimentabile da chiunque: la libertà. Nel caso esemplificativo di una grave deviazione del comportamento, come si osserva in generale nella patologia psichiatrica, si può forse ragionevolmente ipotizzare, sebbene ciò sia ancora da dimostrare, che fattori genetici possano influenzare la modalità di espressione della patologia: ad esempio, un certo assetto funzionale neuronale, dovuto a variazioni genetiche degli enzimi coinvolti nel metabolismo dei neurotrasmettitori, potrebbe favorire una reazione in senso ansioso piuttosto che in senso aggressivo, o la scelta dell'organo di "somatizzazione" (che mostra talora tendenza familiare), ma questo non spiega l'origine della fuga dalla realtà, ultimamente sempre rintracciabile in un problema di rapporti. In altre parole, non va confuso l'aspetto meccanico del comportamento umano, che rientra nell'ambito della psicologia e della sociologia, con l'aspetto del significato dei gesti umani, per cui posso conoscere l'io di un altro uomo solo se mi si rivela, in un rapporto umano libero, non conducendo una analisi a livello molecolare. Sigmund Freud distruggeva tutto il suo stesso determinismo quando, nel descrivere l'analisi di un suo paziente, osservava in una semplice nota a piè di pagina: "naturalmente il paziente può guarire solo se lo vuole".

A controprova di quanto osservato citiamo l'atteggiamento che i regimi totalitari predominanti nel secolo scorso, basati su ideologie opposte (nazismo e comunismo), hanno tenuto nei confronti della ricerca genetica. Come osservato da Frans B. M. de Waal (in "Natura e cultura, fine della controversia", Le Scienze n. 376, Dicembre 1999), i nazisti incoraggiarono molto la ricerca in genetica, che sulla base del determinismo biologico valorizzava la natura innata di certe caratteristiche umane, permettendo di classificare le persone in categorie "superiori" e "inferiori" (esaltazione dei geni). Viceversa, i laboratori di genetica, tra i quali il centro per la ricerca sui gemelli a Mosca, furono fatti chiudere dai comunisti, che sottolineavano la possibilità di ottenere un "prodotto umano" determinato attraverso l'uso intensivo della sola manipolazione sociale (esaltazione dell'ambiente). E' di notevole rilievo osservare che entrambe le teorie, apparentemente opposte, sono in realtà basate sulla comune convinzione che l'uomo sia riducibile ai fattori misurabili (biologici-psicologici e ambientali) in cui è immerso, senza riconoscere e rispettare in ogni uomo un "io", una libertà ultima, una dignità responsabile, irriducibili a qualunque condizionamento.

2. CONCETTO DI GENE

I geni sono le unità responsabili delle caratteristiche ereditarie. Un carattere è in generale un aspetto dell'oggetto che osserviamo. I caratteri che mostrano una tendenza a mantenersi lungo le generazioni sono i caratteri ereditari (ad esempio l'avere due braccia, un certo colore della pelle, ecc.). Come avviene la trasmissione dei caratteri ereditari?

La genetica come la conosciamo oggi deriva dalla fusione di tre branche di ricerca fondamentale iniziate per coincidenza dopo la metà dell'800, ma il cui nesso sarebbe emerso chiaramente solo dopo 50 anni di studi.

1)
L'Abate Gregorio Mendel si è chiesto quali leggi regolassero la trasmissione dei caratteri. Ha cominciato il suo studio dalle piante di pisello, organismi semplici e facilmente coltivabili. Prese in considerazione un carattere per volta (come il colore del seme, la lunghezza della pianta, ecc.) e scoprì che un carattere viene trasmesso seguendo leggi determinate, che permettono di prevedere statisticamente la sua comparsa lungo le generazioni. Se il carattere viene conservato, ci deve essere qualcosa che lo mantiene.Questo "qualcosa" che determina il carattere ("determinante") è il gene, e le conclusioni statistiche indicavano che due versioni del gene dovevano essere compresenti nell'organismo studiato per controllare un certo carattere. Tuttavia rimaneva sconosciuta la natura chimica del gene.

2)
Nel 1869 un giovane studente di Chimica a Zurigo, Friedrich Miescher, studiando il pus, per caso separa da questo ammasso di globuli bianchi in disfacimento un "fiocchettino" viscoso e biancastro. Scopre che in soluzione si comporta come un acido, cioè libera ioni H+. Questa sostanza cellulare era in particolare presente nel nucleo, da cui il nome ACIDO NUCLEICO.

3)
Nel 1902, Walter Sutton, studiando le cellule al microscopio, durante quella fase della vita cellulare in cui la cellula si divide (mitosi), si accorse che il nucleo cambiava aspetto:

Dovevano passare decenni perché altre scoperte permettessero di interpretare la relazione tra questi fatti. Avery, MacLeod e MacCarty nel 1944 scoprirono che l'introduzione di DNA poteva "trasformare" le caratteristiche di un organismo (nel caso specifico, un batterio), mentre Watson e Crick nel 1953 chiarirono la struttura molecolare del DNA (una doppia elica formata da catene di polinucleotidi con una sequenza variabile di 4 tipi di basi azotate), e diversi gruppi di ricercatori stabilirono la corrispondenza tra sequenza nucleotidica del DNA e sequenza amminoacidica delle proteine (codice genetico, decifrato nel 1966). Da allora, le osservazioni compiute alla fine del secolo scorso possono essere spiegate in modo unitario.

I "bastoncini" osservati, essendo dei corpuscoli (dal greco "soma", corpo) molto colorabili con determinate sostanze (dal greco "croma", colore), sono stati chiamati cromosomi. La loro ripartizione eguale durante la duplicazione della cellula risponde alla logica che ci si attende dal patrimonio ereditario. Chimicamente il cromosoma è costituito essenzialmente da DNA, la cui struttura (un polimero a doppia elica) è adatta alla conservazione e trasmissione della informazione con un meccanismo di replicazione "a stampo". Quindi, i geni sono tratti di DNA situati in particolari posizioni (loci) del cromosoma, capaci di originare dei prodotti (RNA o proteine) responsabili del fenotipo (l'insieme dei caratteri osservabili dell'organismo).


 

INFORMAZIONE GENETICA

All'interno ogni cellula, il genoma funziona come un "manuale di istruzioni" che ne specifica le caratteristiche. Questo a partire dalla prima cellula da cui l'organismo deriva, lo zigote (formatosi alla fecondazione per l'unione di uno spermatozoo e di un ovulo), che contiene il "piano" per realizzare l'intera architettura dell'individuo.
Una singola cellula umana è molto complessa, è composta da milioni di componenti, e le informazioni per fabbricare ciascun componente sono contenute nel genoma. Queste informazioni devono essere gestite a tre livelli: conservazione, replicazione ed espressione.

CONSERVAZIONE
L'informazione è conservata sotto forma di una determinata sequenza lineare dei 4 tipi di nucleotidi possibili del DNA. Nella metafora del manuale di istruzioni, questo livello è il testo scritto che contiene informazioni conservate sotto forma di una sequenza di lettere, le quali formano determinate parole.

REPLICAZIONE
Per poter trasmettere l'informazione a nuove cellule dello stesso individuo o a nuovi individui, occorre replicarla, cioè effettuarne una copia. Ciò equivale a fotocopiare il manuale di istruzioni per poterne disporre di un'altra copia in una nuova stanza.

ESPRESSIONE
L'informazione deve poter essere interpretata per realizzare l'oggetto di cui specifica le caratteristiche. Questo equivale alla costruzione di un oggetto effettuata da un operaio che legge le istruzioni del manuale. In particolare, nel DNA sono contenute le informazioni necessarie a produrre uno specifico tipo di componente cellulare, le proteine (catene di amminoacidi).
Esistono nell'organismo umano cellule molto diverse: i neuroni, i globuli rossi, ecc. Ogni cellula contiene tutte le informazioni, ognuna possiede una versione completa del "manuale", ma legge solo i "capitoli" che le "interessano", ossia il manuale viene letto in base alla funzione che una cellula ha.
Il differenziamento è il processo per cui questa selezione delle informazioni effettivamente espresse, mentre le altre, pur presenti, non realizzano un prodotto, rende le cellule diverse tra loro anche se tutte le cellule di un adulto posseggono la stessa sequenza di DNA dello zigote.

Secondo il "dogma centrale della biologia molecolare" la funzione principale del DNA è quella di specificare la produzione delle proteine dell'organismo, attraverso l'intermedio di RNA (mRNA). Le proteine costituiscono la maggior parte del peso secco di una cellula, e sono quindi componenti fondamentali del protoplasma, ma l'organismo ha anche bisogno di componenti glucidici, lipidici, degli stessi acidi nucleici, nonché di piccole molecole. Perché, allora, le informazioni genetiche si concentrano sulla trasmissione delle caratteristiche che dovranno avere le proteine, e non di quelle degli altri costituenti?
La risposta deve spiegare entrambi gli aspetti della informazione biologica, ossia la trasmissione di un piano costruttivo, per cui un ragno avrà otto zampe e un uomo due gambe, e la trasmissione delle istruzioni per fabbricare i componenti dell'organismo. Allo stesso modo, l'architetto indica nel progetto la forma dell'edificio, cioè la disposizione relativa delle parti, e i materiali con cui le parti andranno realizzate.

In che senso è sufficiente specificare la sequenza di amminoacidi delle proteine per fabbricare tutti i componenti delle cellule dell'organismo? Perchè le proteine possono svolgere due funzioni fondamentali: da una parte, costituiscono i "mattoni" stessi dell'architettura cellulare, ossia sono necessarie per la realizzazione delle strutture cellulari, come lo sono gli zuccheri e i grassi; dall'altra, molte proteine possono svolgere funzione di enzima. In natura gli enzimi, ossia catalizzatori biologici che accelerano reazioni chimiche cellulari, sono normalmente proteine, e quindi la catena di reazioni per l'assemblaggio di un polisaccaride procede comunque grazie alle proteine. In altre parole, una proteina può fabbricare uno zucchero, ma uno zucchero non può fabbricare una proteina. Trasmettere quindi la informazione per fabbricare le proteine equivale a trasmettere istruzioni per realizzare tutti i principali tipi di "mattoni" molecolari alla base della sostanza vivente: proteine, grassi, zuccheri e acidi nucleici; va notato che anche gli enzimi coinvolti nel metabolismo dei nucleotidi e quelli implicati nei meccanismi di riparazione, replicazione e funzionamento di DNA e RNA sono, chimicamente, proteine. Si noti che questo è un paradosso centrale nella gestione della informazione genetica, la cui soluzione è collegata al problema della origine della vita: per fabbricare proteine occorrono le istruzioni sul DNA, ma il DNA non può funzionare senza specifiche proteine. Una teoria prevede un iniziale "mondo a RNA" in cui questa molecola intermedia poteva svolgere contemporaneamente funzioni di catalisi e di supporto per l'informazione; questa ipotesi si basa sulle proprietà catalitiche effettivamente mostrate dall'RNA in alcune circostanze.

Dobbiamo considerare adesso il piano costruttivo, cioè il piano morfologico, il progetto, di dove devono andare a localizzarsi le macromolecole nella cellula, e ogni cellula nell'organismo.
In effetti, le sequenze amminoacidiche svolgono anche la funzione di dirigere la posizione dei vari componenti di ogni cellula e di dirigere i movimenti cellulari. La localizzazione delle proteine stesse è spesso guidata da un peptide "segnale" che coincide con una ventina di amminoacidi all'estremità amminica della catena polipeptidica, mentre particolari proteine secrete all'esterno o esposte sulla membrana influenzano in molti modi la sopravvivenza, la proliferazione, il differenziamento, la migrazione e la funzione delle diverse cellule. Già nei primi stadi di sviluppo le cellule mostrano dei movimenti specifici, e da una massa apparentemente disordinata emerge via via una disposizione che abbozza la disposizione che verranno ad avere i vari organi. Negli ultimi anni sono stati identificati un certo numero di "interruttori" fondamentali per innescare lo sviluppo di qualche organo o componente. Alterazioni di alcuni geni implicati nella distribuzione dei visceri tra destra e sinistra possono ad esempio causare il posizionamento del fegato a sinistra e una disposizione invertita degli altri visceri addominali, che comunque funzionano di solito normalmente.

In qualche modo, quindi, il DNA contiene tutta l'informazione necessaria alle cellule di un organismo per disporsi e per funzionare correttamente, e le cellule sono in grado di leggere e interpretare questa informazione. Arriviamo così a un concetto centrale: in natura esiste, ormai da quattro miliardi di anni, dai primi batteri, qualcosa che l'uomo ha scoperto solo nel ventesimo secolo, l'informazione digitale (da digit=cifra, in inglese, a sua volta dal latino digitus=dito, perché si usano le dita per contare i numeri interi). Questo tipo di informazione è contenuta e trasmessa in forma di segnali discreti, ossia è riconducibile a numeri. L'esempio di un orologio analogico e di uno digitale è chiarificatore. L'orologio analogico, per "analogia" col tempo che rappresenta, possiede lancette che scorrono senza soluzione di continuità, tanto che in ogni istante la posizione di una lancetta rappresenta esattamente la frazione di tempo misurata. Questa rappresentazione del tempo è "analoga" al tempo, cioè all'oggetto della misurazione. L'orologio digitale ricorre invece a dei numeri per rappresentare lo scorrere del tempo e, per quanto accurato, il suo è un procedere "a salti", a livelli discreti, senza i possibili intermedi. In questa rappresentazione, il tempo viene ridotto in cifre.

Non tutte le grandezze possono essere rappresentate in maniera non analogica, ossia in maniera digitale, e fino al XX secolo nessuno aveva immaginato che fosse possibile trasmettere in maniera digitale l'informazione genetica, cioè l'intero piano costruttivo dell'uomo, come di qualsiasi altro essere vivente. Di fatto invece, tutta questa informazione è convertita in numeri, e non dall'uomo, ma in natura, attraverso un linguaggio che richiede esclusivamente quattro tipi di segnale. Esiste quindi in natura una molecola, tale per cui al suo interno gli atomi non si limitano ad occupare uno spazio descrivendo la forma dell'oggetto (come nel caso ad esempio degli atomi di una pietra), ma trasportano al contempo dei segnali interpretabili, tanto è vero che leggendoli e interpretandoli si può ricostruire un nuovo organismo (ed un sasso invece non può farlo). A metà del '600 i microscopisti avevano intuito che l'informazione per lo sviluppo di un uomo doveva essere contenuta negli ovuli o negli spermatozoi, e avevano immaginato il cosiddetto "homunculus", un uomo microscopico, ma completamente formato, rannicchiato dentro lo spermatozoo, in attesa di accrescersi.

L'idea nasceva dall'osservazione che già un embrione di pochi millimetri o un neonato è completamente formato nel piano corporeo generale, analogamente ad un uomo di due metri; procedere a ritroso per analogia è sembrato logico. La complessità quindi era generata direttamente da quella dell'organismo-madre, e non si poteva immaginare il passaggio attraverso una molecola relativamente semplice quale il DNA, "a bassa densità informativa". Non si poteva immaginarlo, perchè al concetto di informazione digitale siamo arrivati soltanto secoli dopo, e perché questo tipo di informazione è associata a una interpretazione codificata arbitrariamente stabilita, per cui rimane un mistero attualmente irrisolto della Biologia la spiegazione del come sia possibile l'emergenza in natura di molecole codificanti, ossia di molecole con successioni di segnali che preludono alla formazione di una nuova molecola secondo un codice definito.
 
 

3. Il genoma umano

Il genoma è il complesso dell'informazione genetica di una cellula. La genomica è una nuova branca della biologia che studia la struttura (genomica strutturale, anatomia del genoma) e la funzione (genomica funzionale, fisiologia del genoma) del genoma nel suo complesso, e rappresenta l'evoluzione naturale della genetica, che si occupa del gene. Secondo alcuni Autori, un sinonimo di "Genomica funzionale" è semplicemente "Biologia", in quanto le proprietà dei viventi sono in linea di principio attribuibili alla interazione di prodotti funzionali fabbricati secondo le istruzioni contenute nel genoma.

A partire da questa definizione si può definire il genoma in modo alternativo, dal punto di vista biochimico, come la massa totale del DNA cellulare. Questo perché, se l'informazione genetica è racchiusa all'interno delle molecole di DNA, il complesso dell'informazione genetica coincide con la somma delle molecole di DNA cellulare.

Ogni cellula di un organismo contiene, in linea generale, l'intero genoma dell'organismo stesso; di conseguenza si può dire che il genoma rappresenta il complesso dell'informazione genetica, ossia il patrimonio ereditario, dell'organismo a cui appartiene.
 

Organizzazione generale del genoma umano

Il genoma umano comprende 23 coppie di molecole localizzate nel nucleo e tutte le molecole di DNA presente nei mitocondri. Come si vedrà in seguito il DNA mitocondriale è DNA che si trova nel citoplasma delle cellule ed è importante tenere a mente che esso rappresenta una frazione non trascurabile del genoma totale della cellula. Infatti, il compartimento nucleare del genoma umano contiene 46 molecole per un totale di circa 2 x 3 miliardi di coppie di basi (3,2 Gbp), mentre il compartimento mitocondriale è costituito dalla molecola circolare di DNA mitocondriale della lunghezza di 15.569 bp. Tuttavia, considerando che in una cellula sono presenti alcune migliaia di copie di DNA mitocondriale, in dipendenza del numero di mitocondri, questo DNA arriva a rappresentare lo 0,5% del DNA cellulare totale. Per quanto detto, usare come sinonimi i termini "genoma" e "DNA nucleare" come è di uso comune non è corretto. E' bene ricordare anche che il DNA cellulare non nucleare non è soggetto agli eventi di segregazione e ricombinazione quali quelli cui è sottoposto il DNA nucleare. Diverse malattie umane sono causate da mutazioni del DNA mitocondriale e per questo un capitolo della genetica riguarda esclusivamente la genetica dei mitocondri e i meccanismi con cui il DNA mitocondriale viene ereditato.

Le due molecole di DNA che compongono ciascuna delle 23 coppie contenute nel nucleo sono ereditate una dal padre e una dalla madre. Nel corso della mitosi ciascuna molecola di DNA è ripiegata e condensata con proteine a costituire il cromatide, ciascun cromatide è legato tramite una struttura specifica, il centromero, al cromatide fratello, derivato dalla duplicazione durante l'interfase della molecola originale di DNA.

Nel periodo in cui il DNA nucleare non è duplicato esistono comunque due serie di molecole, una di origine materna ed una paterna, e ogni molecola di ciascuna serie è una doppia elica semplice di tipo lineare, con due estremità ben determinate, all'interno della quale sono contenute sequenze specifiche che costituiscono i geni. La più lunga molecola di DNA umano è il cromosoma 1, lungo circa 245 Mbp (1 Mbp = 1 milione di coppie di basi), e la più piccola è il cromosoma 21, che totalizza circa 45 Mbp. La somma della lunghezza dei 46 cromosomi umani è di circa 2 metri, e considerando che un organismo umano è composto da un numero totale di cellule di approssimativamente 100.000 miliardi di cellule, si può affermare che l'estensione complessiva in lunghezza di tutte le molecole di DNA presenti in un individuo umano è sufficiente a coprire circa 1.000 volte la distanza Terra-Sole.

Solo il 32% circa delle sequenze del DNA nucleare corrisponde a geni e a sequenze correlate ai geni. La restante parte del DNA, circa i 2/3, prende il nome di DNA extragenico, poiché non fa parte di geni, ossia queste sequenze non sono trascritte.
 

Variabilità del genoma umano

Dato che ciascun individuo è diverso dagli altri non è possibile sequenziare "un genoma umano" in senso astratto: ciò che è possibile fare è sequenziare il genoma di uno o più individui. Nel 2001 due organizzazioni hanno terminato una prima "bozza" della sequenza del genoma umano, una formata dal consorzio di università ed enti pubblici di diverse nazioni, e l'altra costituita da una azienda privata. La prima ha distribuito il compito tra i laboratori aderenti al consorzio, cosicché in ciascun laboratorio viene sequenziato un determinato cromosoma o parte di esso, per assemblare infine, una sequenza di riferimento, in effetti composta da un "patchwork" di sequenze ottenute dal DNA di 8 individui diversi; la seconda ha utilizzato per il sequenziamento il DNA ottenuto da 5 soggetti, e ha considerato come sequenza umana di riferimento per ogni regione la sequenza più frequente presente all'interno di questo gruppo di soggetti. In entrambi i casi, la sequenza è rappresentata da circa 3,2 miliardi di coppie di basi, corrispondenti alle dimensioni del genoma aploide.
Negli ultimi anni 2000, nuovi metodi di sequenziamento automatico ("Next Generation Sequencing") hanno permesso di determinare e di rendere disponibile la sequenza genomica completa di molti altri singoli individui umani. Ci si aspetta che nei prossimi anni sarà possibile ottenere la sequenza del genoma di un individuo in pochi giorni e a un costo accettabile, con ripercussioni importanti sulla Medicina, perché sarà possibile sapere di quali geni mutati (causanti malattie o predisponenti ad esse) si è portatori. Tuttavia sarà fondamentale che siano medici qualificati a discutere con il paziente questi dati, che restano comunque di molto difficile interpretazione perché non conosciamo tutte le interazioni tra i geni e i rapporti dettagliati tra genotipo e fenotipo.

Quanto il genoma di un individuo differisce da quello di un altro? Analizzando sequenze di DNA di individui umani diversi, si nota che, in media, una base ogni mille risulta diversa. In altre parole, il DNA di due individui differisce in media dello 0,1%. Questo valore è apparentemente piccolo ma, considerando il genoma umano completo, esteso per 6 x 10e9 (6 miliardi) bp, risultano 6 x 10e6 (6 milioni) di coppie di basi diverse tra i genomi di due individui. Poiché le basi che possono variare tra i diversi individui non occupano posizioni fisse, il numero di genomi umani possibili è inconcepibilmente alto.

L'organismo geneticamente più simile all'uomo è lo scimpanzé, il cui DNA ha una percentuale di nucleotidi identici al genoma umano di circa il 98%; ciò indica che i due genomi differiscono, in media, di 2 basi ogni 100.

Si può notare quindi come, dal solo punto di vista quantitativo, differenze nella sequenza del DNA dell'ordine di grandezza dell'1 per 1000 siano sufficientemente piccole perché il genoma umano mantenga le caratteristiche tipiche della specie, ma anche sufficientemente grandi perché sia possibile generare un numero enorme di individui diversi, mentre per passare dall'uomo alla specie biologicamente più affine le differenze devono essere dell'ordine di grandezza dell'1 per 100.

Nei progetti di sequenziamento del genoma, dato che ogni serie di cromosomi porta un'informazione molto simile, la strategia seguita è stata quella di sequenziare solamente uno dei due cromosomi per ogni coppia di autosomi, anche a causa dei limiti delle tecnologie di clonaggio molecolare che non permettono facilmente di distinguere a quale dei due cromosomi omologhi una determinata sequenza appartenga effettivamente. Ne consegue che le sequenze di un cromosoma sono degli "assemblati" con parti provenienti dall'uno o dall'altro genitore. Dal punto di vista della complessità del genoma, quindi, ciò che otteniamo dal progetto di sequenziamento è uno schema generale che non fornisce indicazioni esplicite sulla variabilità interna dovuta alle differenze tra le sequenze dei cromosomi omologhi. In effetti, il genoma umano non può funzionare correttamente se non sono presenti contemporaneamente entrambi i corredi cromosomici, ossia se non è nella condizione DIPLOIDE. Perché ciò sia indispensabile attualmente non è chiaro. Una possibilità è che la maggior parte delle proteine, per essere prodotte in quantità sufficiente a svolgere la loro funzione, necessitino di un numero maggiore di "stampi" di quello fornito da un genoma contenente una sola serie di informazioni (genoma APLOIDE). Una seconda possibilità è che in realtà la duplicazione dell'informazione sia una precauzione contro le mutazioni di uno o dell'altro cromosoma. Le due ipotesi non sono mutuamente esclusive.

In ogni caso, il fatto è che l'uomo possiede due copie della maggior parte dei suoi geni, una localizzata sul cromosoma di origine paterna (ad es. il cromosoma 1 paterno) e una su quello di origine materna (ad es. il cromosoma 1 materno). Le due copie di un determinato gene in un individuo possono mostrare delle differenze, ad esempio il gene della beta globina è lungo circa 1000 paia di basi, così che in media ogni persona potrebbe presentare in una certa posizione nucleotidica del gene trasmesso dal padre una base diversa dalla corrispondente base sul gene trasmesso dalla madre. Queste due versioni del gene possono essere immaginate come "modelli" leggermente diversi dello specifico gene umano per la beta-globina. Tale diversità non implica necessariamente che vengano prodotte due proteine di sequenza diversa: questo avviene solo se la differenza tra le due copie del gene si riscontra nell'ambito un codone, e porta alla specificazione di due amminoacidi differenti. Due geni differenti anche per una sola coppia di basi non sono equivalenti. Si definisce quindi allele una forma alternativa di un gene. Si può immaginare il gene come un libro, e l'allele come una determinata edizione di questo libro. O ancora si può considerare il gene uno specifico modello di automobile, e l'allele una particolare versione del modello dotata di una certa combinazione di "optional", e così via.

Ogni individuo, quindi, possiede per definizione nel suo corredo genetico, di tutti i geni presenti in due copie - una di origine paterna e una di origine materna -, o due alleli diversi, o due alleli identici (ossia lo stesso allele).
 

Identità genetica tra due individui

Confrontando due gemelli monozigoti (gemelli MZ, derivati dallo stesso zigote) si assume di confrontare due individui con patrimonio genetico perfettamente identico, mentre vi sono almeno 4 tipi di differenze genetiche, percentualmente modeste ma esistenti, rilevabili tra due gemelli MZ:

a) il DNA mitocondriale si ripartisce a caso durante le divisioni iniziali dello zigote, e nei due embrioni originati dallo stesso zigote può essere presente in un numero di copie diverso, e anche con diversa percentuale relativa di eventuali forme alternative presenti;

b) la ricombinazione somatica casuale del DNA dei linfociti a livello dei loci che contengono geni per le proteine implicate nella risposta immune (anticorpi e recettori dei linfociti T) permette la generazione della enorme variabilità di sequenza di queste proteine, il cui insieme è caratteristico di ogni individuo perché in ciascun linfocita, un tipo cellulare che viene continuamente prodotto per tutta la vita, avviene un riarrangiamento casuale a livello di questi loci. La variabilità genetica generata dai diversi riarrangiamenti di ciascun gemello porta alla formazione di anticorpi diversi, con potenziale sviluppo, ad esempio, di una risposta immunitaria anomala in uno solo dei due gemelli;

c) le mutazioni geniche, che inevitabilmente, anche in assenza di effetti patologici, vengono accumulate lungo i circa 46 successivi cicli di divisione mitotica necessari per passare dallo zigote all'individuo adulto. Abbiamo quindi almeno 2e46 divisioni cellulari, durante le quali statisticamente si verificheranno molti errori casuali nella replicazione del DNA. Se si pensa che patologie umane gravi possono essere dovute o innescate anche da mutazioni puntiformi in un solo gene, si comprende che anche questo contributo alla variabilità genetica esistente tra diverse cellule o interi settori cellulari dei gemelli monozigoti non è trascurabile;

d) nel caso delle femmine, l'inattivazione casuale di uno dei due cromosomi X fa sì che per tutti i loci del cromosoma X che sono in eterozigosi (ossia che presentano due alleli diversi), sia possibile una espressione prevalente, in un determinato tessuto, di alleli diversi in ciascuna gemella;

Considerate queste eccezioni, rimane il fatto che due gemelli sono gli individui umani che mostrano il maggior grado di uguaglianza possibile nel corredo genetico.

Si noti che la somiglianza complessiva è certamente superiore anche a quella teoricamente mostrata da due individui umani di cui uno sia il clone dell'altro ottenuto mediante trasferimento del nucleo di una cellula somatica del donatore in un ovocita ricevente privato del nucleo (nuclear transfer): in questo caso valgono comunque le differenze sopra considerate, e va aggiunta la totale diversità dell'ambiente citoplasmatico ovulare, che è invece identico per i gemelli che originano dallo stesso zigote. Il citoplasma dell'ovocita contiene presumibilmente i fattori di trascrizione o altre proteine in grado di attivare i geni posti all'inizio della cascata sequenziale di attivazioni geniche alla base dello sviluppo e, pur non essendo un fattore genetico in senso stretto, influenza l'espressione dei geni.

L'accentuazione del fattore genetico (inteso come sequenza del DNA) in biologia molecolare fa dimenticare che la cellula è una unità inscindibile di informazioni (nucleo) e apparato in grado di utilizzarle (citoplasma), allo stesso modo che un computer per funzionare necessita di dati e programmi (software) e di dispositivi in grado di utilizzarli in modo appropriato (hardware). Non ha senso dire quale delle due componenti sia più importante per ottenere un funzionamento determinato, perché è precisamente dalla interazione di un determinato processore con un certo programma che scaturisce il risultato osservato.

Tra genitori e figli, il corredo genetico mostra un'identità del 50%, poiché ognuno riceve metà del patrimonio genetico di ciascun genitore. Tra fratelli, anche non gemelli, l'identità sarà invece mediamente del 50% (potrà infatti essere un valore qualsiasi fra 0 e 100%). In media, infatti, un quarto del genoma della madre finirà in entrambi i figli, così come un quarto del genoma del padre, in tutto perciò i due figli condivideranno metà del loro genoma. Per ogni generazione di distanza fra due soggetti, la quota di genoma mediamente condivisa si dimezza, perciò sarà del 25% fra nonno e nipote, del 12,5% tra primi cugini e così via.
 



Elenco di alcuni siti contenenti materiale interessante per un supporto allo studio della genetica.
I video sono in formato .mov (Quick Time e compatibili).

Struttura del DNA:

http://www.umass.edu/molvis/tutorials/dna/

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/mapview/map_search.cgi?chr=hum_chr.inf&query - Mappa del genoma umano
 

Replicazione del DNA:

http://bioweb.uwlax.edu/GenWeb/Molecular/Theory/Replication/replicat.mov

Trascrizione:

http://www.whfreeman.com/lodish4e/con_index.htm?11 (Fare click su "Animations" e poi su "Life cycle of an mRNA")

tRNA e traduzione:

http://bioweb.uwlax.edu/GenWeb/Molecular/Theory/Translation/translation.mov


Fecondazione e sviluppo:

http://www.bio.davidson.edu/misc/movies/spermrace.mov

http://www.bio.davidson.edu/misc/movies/mouse.mov

http://www.med.upenn.edu/meded/public/berp/overview.mov
 

Eredità mendeliana nell'uomo:

OMIM - Banca dati dei caratteri umani per i quali si sospetta, o è dimostrata, una componente genetica (in inglese)