La mutazione
è un cambiamento del patrimonio genetico (da "mutare", cambiare).
Le mutazioni sono
dovute
a errori nella replicazione oppure nella ridistribuzione (alla mitosi e
alla meiosi) del patrimonio genetico.
Possiamo
classificare
le mutazioni in diversi modi: secondo la loro origine, il tipo di
cellule
colpite, i loro effetti, e la dimensione della regione colpita da
mutazione.
A) ORIGINE
DELLE
MUTAZIONI
1. MUTAZIONE
SPONTANEA:
in questi casi non sappiamo rintracciare una causa specifica, ma
osserviamo
che in natura si è prodotto un errore nella struttura del
materiale
genetico.
La base
molecolare
degli errori di replicazione è costituita dalla diversità
di configurazioni che possono assumere gli atomi posti nelle molecole
ad
anello di cui sono formate le basi azotate. Normalmente la A si appaia
con la T e la G con la C (legami canonici). Le oscillazioni di alcuni
atomi
permettono, per un tempo limitato, la formazione di legami idrogeno non
corretti tra due basi, ad esempio potrebbe essere inserito un
nucleotide
con la base C (anziché T) ad un livello della catena stampo che
espone la base A. Avremo un appaiamento anomalo A-C, e il filamento con
la C, quando sarà replicato a sua volta, farà da stampo
per
l'incorporazione corretta di un nucleotide con la base G nella
posizione
corrispondente alla C, per cui alla fine in questa molecola avremo una
coppia G-C quando originariamente era presente una coppia A-T.
La frequenza di
errori
di questo tipo sarebbe piuttosto alta, se durante la duplicazione del
DNA
non agissero delle proteine enzimatiche che funzionano come "correttori
di bozze", essendo in grado di rimuovere la base che si è
appaiata
in modo scorretto e di sostituirla con quella giusta. Tuttavia, anche
questi
meccanismi di "riparazione del DNA" sono soggetti ad errori, e, non
essendo
efficaci al 100%, permettono l'insorgenza di mutazioni.
La base molecolare degli errori nella ridistribuzione dei cromosomi tra le cellule figlie consiste in errori compiuti al momento dell'appaiamento e del crossing-over dei cromosomi alla meiosi, con il risultato di alterazioni nella struttura dei cromosomi, oppure in problemi nella ripartizione dei cromosomi tra le due cellule figlie alla meiosi (o anche alla mitosi) con il risultato che alcune cellule avranno un eccesso e altre un difetto nel numero di cromosomi.
2. MUTAZIONE
INDOTTA:
in questi casi riusciamo a identificare la possibile causa che ha
originato
la mutazione. Infatti, l'esposizione a determinati agenti aumenta di
molto
la frequenza naturale delle mutazioni. Le mutazioni possono essere
indotte
da vari agenti, detti AGENTI MUTAGENI ("che generano mutazioni"), di
diverso
tipo:
* MUTAGENI FISICI,
come alcuni tipi di radiazioni (i raggi X, altre radiazioni ionizzanti,
i raggi ultravioletti). Queste radiazioni possono alterare la
configurazione
degli elettroni degli atomi che costituiscono le molecole di DNA,
causando errori nel funzionamento del materiale genetico.
* MUTAGENI CHIMICI
(alcuni tipo di conservanti o coloranti, il condensato delle sigarette,
i gas di scarico, ecc.). I mutageni chimici presentano affinità
per le basi azotate del DNA, vi si legano, e ne determinano
l'appaiamento
errato.
B) TIPO DI
CELLULE
COLPITE DALLE MUTAZIONI
La mutazione
può
colpire qualsiasi cellula dell'organismo che ha il materiale genetico.
In un organismo a riproduzione sessuata, si distinguono due grandi tipi
di cellule:
CELLULE SOMATICHE
(letteralmente "cellule del corpo", in greco "soma"; sono
tutte
le cellule dell'organismo eccetto quelle germinali);
CELLULE GERMINALI,
ossia le cellule che possono dare origine a un nuovo individuo; le
cellule
germinali mature sono anche dette GAMETI, dal greco "gamein", "unirsi
in
matrimonio", e sono di tipo diverso per ciascun sesso: ovulo, o
ovocita,
nella donna e spermatozoo, o spermio, nell'uomo.
Se la mutazione
colpisce
una cellula somatica, sarà trasmessa alle cellule che da essa
originano
da quel momento in poi, all'interno di un certo tessuto. Pertanto la
mutazione
rimarrà confinata in un settore dell'organismo di
quell'individuo
e morirà con lui.
Se la mutazione
colpisce
invece una cellula germinale, che in seguito alla unione con un'altra
cellula
germinale (fecondazione) dia origine a un nuovo individuo, la mutazione
sarà trasmessa a tutte le cellule del nuovo individuo, in
qualunque
tessuto. Infatti, l'errore presente nello zigote (la cellula costituita
dall'unione dei due gameti) sarà copiato in tutte le cellule
dell'organismo
che da quello zigote deriva, comprese le sue stesse cellule
germinali,
per cui l'errore si trasmetterà di generazione in generazione.
C) EFFETTI
DELLE
MUTAZIONI
La mutazione
può
essere LETALE, nel senso che causa la morte dell’individuo, come nel
caso
di alcuni aborti spontanei, oppure anche nel senso che impedisce
all'individuo
di riprodursi, in quanto egli muore in giovane età, o comunque
non
è in grado di avere figli anche se raggiunge l'età
riproduttiva.
La mutazione
è
detta SUBLETALE se l’individuo si può sviluppare, crescere e
avere
figli, ma in numero inferiore rispetto ai soggetti non affetti dalla
mutazione.
Una mutazione
può
anche essere NEUTRA: l’individuo ha una modifica del DNA, in assenza di
qualsiasi effetto rilevabile sulla sua fisiologia, e senza nessun
sintomo
clinico.
Le mutazioni possono
infine anche avere effetti positivi, portando alla comparsa di una
nuova
caratteristica che migliora l'adattamento del soggetto all'ambiente. un
classico esempio è la mutazione che causa la beta talassemia, se
presente allo stato di eterozigosi (in un solo cromosoma): allora
l'individuo
non solo non ha i sintomi della malattia, ma potrebbe avere un
vantaggio,
rispetto ad individui senza la mutazione, nella probabilità di
sopravvivenza
in una regione malarica. Infatti, i parassiti della malaria non possono
proliferare nei globuli rossi di questi soggetti, che risultano quindi
protetti dal rischio di contrarre la malaria.
D) ESTENSIONE
DELLA
MUTAZIONE
Questo ultimo
criterio
di classificazione delle mutazioni riguarda la estensione della regione
della molecola di DNA che è stata alterata. La più
piccola
alterazione possibile è quella di una sola base, poiché
il
nucleotide è l'unità elementare del DNA, mentre le
alterazioni
più estese possono coinvolgere anche parti significative di un
cromosoma,
o persino il numero dei cromosomi stessi.
*MUTAZIONE GENICA
è
quella che colpisce la struttura di un solo gene.
*MUTAZIONE
CROMOSOMICA
è quella che colpisce la struttura di un cromosoma.
*MUTAZIONE GENOMICA
è quella che colpisce l’intero genoma, nel senso che c'è
una alterazione nello stesso numero dei cromosomi, ad es. uno in
più
o uno in meno.
Ricorrendo al classico esempio del genoma come una enciclopedia in più volumi (i cromosomi), potremmo dire che la mutazione genica consiste in errori di battitura in poche lettere o parole di un capitolo di un volume, la mutazione cromosomica in errori nella confezione di un intero volume, e la mutazione genetica nella mancanza di uno o più volumi dell'enciclopedia, o in un eccesso di volumi. Non sempre la gravità della malattia è proporzionale alla entità del danno del patrimonio genetico: molte gravi malattie genetiche umane possono essere dovute alla sostituzione di una sola base di un singolo gene.
Nella
mutazione
genica viene prodotta una proteina errata, quella codificata dal gene
colpito:
o vi sono errori nella sua sequenza amminoacidica, conseguenti agli
errori
nella sequenza di basi delle triplette codificanti nel DNA, o ne viene
prodotta una quantità alterata per eccesso o per difetto, se
sono
avvenute mutazioni nella sequenza del promotore, la regione di DNA che
regola la trascrizione del gene in mRNA, e quindi determina la
quantità
del prodotto genico finale, che è la proteina.
Nella mutazione
cromosomica
possono essere alterate le posizioni di interi gruppi di geni, e molti
geni possono essere mancanti o presenti in un numero eccessivo di
copie;
gli effetti saranno la somma delle alterazioni conseguenti delle
relative
proteine.
La mutazione
genomica,
alterando il numero dei cromosomi, è raramente compatibile con
la
vita. Quando è tollerata, pur causando patologia, questo avviene
perchè il cromosoma mancante o in eccesso contiene un numero
relativamente
piccolo di geni.
1) MUTAZIONI GENICHE
Le mutazioni
geniche
interessano la struttura fine del gene. Spesso sono limitate alla
alterazione
della sequenza del gene a livello di una o poche basi, e allora si
indicano
come "mutazioni puntiformi".
Osserviamo tutte le
possibili alterazioni che una sequenza potrebbe avere, deducendone
l'effetto
sulla proteina.
SOSTITUZIONE NUCLEOTIDICA
La alterazione
più
semplice è la sostituzione nucleotidica, per cui, a
causa
di errori nella replicazione del DNA, al posto della base normalmente
presente
in una certa posizione della sequenza se ne trova un'altra.
Se la sostituzione
avviene a livello di una tripletta che codifica per un amminoacido (codone), vi
sono tre possibilità:
* la tripletta mutata specifica lo stesso amminoacido di quella normale, quindi la proteina non cambia e, di solito, non vi sono effetti; si parla allora di mutazione silente, possibile grazie al fatto che il codice genetico è degenerato (ossia ridondante: codoni diversi possono specificare lo stesso amminoacido);
* la tripletta mutata specifica un diverso amminoacido, che durante la sintesi proteica sarà allora inserito al posto di quello normale, causando eventualmente un malfunzionamento più o meno grande della proteina, anche a seconda della importanza della regione alterata della proteina per il suo funzionamento complessivo. Questo tipo di mutazione è detta mutazione di senso (in inglese, "missense", "senso errato"), perché cambia il senso del messaggio genetico;
* la tripletta non specifica alcun amminoacido, perché si è trasformata in una delle tre triplette che, una volta trascritte sull'mRNA, costituiscono il segnale di arresto della sintesi proteica (codoni di stop: UAA, UAG, UGA). Queste mutazioni sono chiamate mutazioni non senso (inglese "nonsense", in quanto non portano le informazioni per l'inserzione di alcun amminoacido), Durante la traduzione, la tripletta mutata sull'mRNA sarà letta come codone di stop, e la sintesi della proteina terminerà prematuramente, con l'effetto della produzione di una proteina "troncata" rispetto a quella normale, normalmente non funzionante.
INSERZIONE NUCLEOTIDICA
Le mutazioni per inserzione comportano la inserzione di nucleotidi aggiuntivi a un certo livello della sequenza del DNA. Se la inserzione avviene tra basi che fanno parte di triplette codificanti del gene (quelle destinate a essere tradotte in amminoacidi), possiamo avere due effetti possibili:
* la inserzione di una base, o di due basi, o di un numero di basi superiore ma non multiplo di 3, porta allo sfasamento di tutte le triplette dal punto della inserzione in poi. Durante la traduzione, il meccanismo di interpretazione delle triplette di basi, che inizia la lettura a livello del primo codone AUG sull'mRNA e prosegue leggendo di seguito le tre basi successive, e così via di tre in tre, sarà profondamente alterato dal momento in cui leggerà una tripletta che include la base inserita, non presente sulla sequenza normale. La posizione delle basi normali si ritrova "slittata" in avanti, e l'errore si ripercuote sulla lettura di tutte le triplette successive. Il fenomeno è chiamato anche "scivolamento del modulo di lettura" (in inglese, "frameshift") e comporta l'aggiunta di amminoacidi errati dal punto della mutazione in poi, o più spesso la formazione di un codone di arresto prematuro. In ogni caso la sequenza amminoacidica naturale è gravemente alterata;
* il secondo effetto possibile si ha se si verifica la inserzione di un numero di basi multiplo di 3 (ad es. 3, 6, 9...): allora avremo, al momento della traduzione, la aggiunta di ulteriori amminoacidi codificati dalle triplette inserite per errore, e la proteina risulterà più lunga (ad es. di 1, 2, 3... amminoacidi). L'effetto sulla funzione della proteina varia a seconda del numero di amminoacidi in eccesso, e della importanza più o meno critica della regione della proteina così modificata per la funzione della proteina stessa.
DELEZIONE NUCLEOTIDICA
La perdita di una
o
più basi rispetto alla sequenza normale del DNA è detta delezione
nucleotidica.
Analogamente a
quanto
osservato per la inserzione, vi sono principalmente due effetti
possibili
sulla sequenza delle triplette codificanti:
* la perdita di una base, o due, o di un numero di basi superiore ma non multiplo di 3, porta allo sfasamento di tutte le triplette dal punto della delezione in poi. Il "frameshift" comporterà l'inserzione di amminoacidi errati per lunghi tratti della proteina, o più spesso la formazione di un codone di arresto prematuro. In ogni caso la sequenza amminoacidica naturale è gravemente alterata;
* la perdita di un numero di basi multiplo di 3 (ad es. 3, 6, 9...) comporta la mancata aggiunta alla proteina degli amminoacidi codificati dalle triplette perse, e la proteina risulterà più corta (ad es. di 1, 2, 3... amminoacidi). L'effetto sulla funzione della proteina varia a seconda del numero di amminoacidi mancanti e della loro importanza più o meno critica per la funzione della proteina.
INVERSIONE
Una regione del DNA di un gene può staccarsi, e reinserirsi nell'orientamento sbagliato. Gli effetti sono di solito gravi, perché è sovvertita una regione più o meno ampia della sequenza normale.
DIAGNOSTICA
Le mutazioni
geniche
riguardano la struttura fine del gene, e di non sono visibili
osservando
i cromosomi, ma solo con metodi di indagine più sofisticati che
permettono di determinare con esattezza la sequenza nucleotidica di un
dato gene in un certo paziente. La scoperta della reazione a catena
della
polimerasi (PCR), un metodo per amplificare in provetta il DNA di un
individuo
a piacimento, ha reso molto più praticabile l'utilizzo del
sequenziamento
di un gene come metodo diagnostico, in unione alla maggiore diffusione
e al minore costo di strumenti fortemente automatizzati per la
determinazione
della sequenza di una regione di DNA ("sequenziatori automatici").
2) MUTAZIONI CROMOSOMICHE
La mutazione colpisce la struttura di uno o più cromosomi, sovvertendola per regioni più o meno ampie, dell'ordine di grandezza di milioni di basi; si ricordi che i cromosomi umani sono molecole di DNA estese da circa 45 milioni di coppie di basi (Mb), come è il caso del cromosoma 21, a circa 246 Mb, come è il caso del cromosoma 1.
DELEZIONE
CROMOSOMICA
E' la perdita di un
segmento del cromosoma. La conseguenza è la mancanza di tutti i
geni presenti nella regione deleta, che determina sindromi complesse a
seconda della funzione dei diversi geni. La delezione cromosomica
può
essere terminale, se viene perso un tratto posto all'estremità
del
cromosoma, o interstiziale, se riguarda una regione interna del
cromosoma.
INVERSIONE
CROMOSOMICA
Una regione del
cromosoma
può staccarsi, e reinserirsi nell'orientamento sbagliato. Si
devono
quindi formare due punti di rottura sul cromosoma, cui segue la
sotazione
di 180 gradi del tratto compreso tra le rotture e la sua reintegrazione
nel cromosoma stesso. Gli effetti per il portatore possono essere molto
piccoli, se non
viene interrotto un gene nei punti di taglio e ricucitura. Tuttavia, il
tratto invertito crea problemi di appaiamento dei cromosomi omologhi
durante il crossing-over, in conseguenza dei quali si possono formare
gameti anomali. A seconda della estensione e della localizzazione dei
segmenti cromosomici che presentano dosaggio genico alterato a causa
degli errori del crossing-over, si potrà avere selezione
prenatale degli zigoti, che non possono proseguire lo sviluppo in
presenza di queste anomalie (aborto spontaneo), o anche sviluppo
completo dell'embrione fino alla nascita, con anomalie più o
meno gravi dell'individuo (difetti congeniti multipli).
INSERZIONE
CROMOSOMICA
E' l'inserzione di
un frammento cromosomico all'interno di un altro cromosoma.
DUPLICAZIONE
CROMOSOMICA
PARZIALE
E' la presenza di
un segmento cromosomico duplicato, per cui i geni della regione
duplicata
sono presenti due volte sullo stesso cromosoma (e il gene sarà
quindi
in tre copie, considerando anche la copia presente sul cromosoma
omologo
derivato dall'altro genitore).
TRASLOCAZIONE
E' il trasferimento
di un segmento cromosomico su un altro cromosoma. Si ha traslocazione
non
reciproca se il trasferimento avviene semplicemente da un cromosoma
all'altro,
e traslocazione reciproca se due cromosomi (non omologhi) si scambiano
reciprocamente un frammento.
Il frammento
traslocato
si lega alla estremità del cromosoma su cui va a trasferirsi.
L'effetto può
non essere dannoso per l'individuo, perché sono comunque
presenti
tutte le informazioni genetiche, seppure in una disposizione diversa;
è
come se una parte di un volume di una enciclopedia fosse rimossa e
rilegata
in un altro volume, ma la somma delle informazioni è la stessa.
Tuttavia, se una
mutazione
simile avviene nei gameti, alla meiosi, con il dimezzamento del
patrimonio
genetico, un gamete avra' un eccesso di materiale genetico e l'altro un
difetto, e alla fecondazione si avrà comunque un patrimonio
complessivo
sbilanciato e con effetti dannosi per il nuovo individuo che si
sviluppa
da tali gameti.
TRASLOCAZIONE
ROBERTSONIANA (detta anche FUSIONE
CENTRICA)
(schema)
E'
la fusione di due cromosomi acrocentrici (gruppi D-G: 13-14-15 e 21-22)
a livello del centromero, dopo perdita delle rispettive braccia corte.
Di
solito interessa cromosomi non omologhi.
Alla
meiosi, si avrà una segregazione di tipo 2:1, con 6 tipi di
gameti
possibili.
Gli
zigoti potranno essere: 1 normale, 1 con traslocazione bilanciata, 2
trisomici
(sbilanciati, es. +14 e +21), 2 monosomici (sbilanciati, es. -14 e -21).
(schema)
3) MUTAZIONI GENOMICHE
L'intero
equilibrio
genomico è disturbato dalla presenza di un numero errato di
cromosomi,
dovuto ad errori nella ridistribuzione dei cromosomi durante la meiosi,
o durante la mitosi, nelle prime fasi di sviluppo dell'individuo.
I meccanismi
tipici che possono portare a triploidia
sono anomalie della
fecondazione:
1. dispermia,
ossia fecondazione dello stesso ovocita da parte di due spermatozoi; si
ottiene uno zigote con cariotipo, ad es., 69, XXY;
questo fenomeno si verifica nel 66% (2/3) dei casi di triploidia;
2. un anomalo
gamete
diploide è coinvolto nella fecondazione;
3. il genoma
del globulo polare entra a far parte dello zigote.
L'effetto è la presenza di copie in eccesso o in difetto di tutti i geni che sono presenti su ciascun cromosoma guadagnato o perso, con conseguente alterazione nella quantità di mRNA e quindi di proteina che ciascun gene può produrre. Poiché su un cromosoma vi sono centinaia o migliaia di geni, spesso questa alterazione è incompatibile con uno sviluppo normale, ed è causa frequente di aborto spontaneo.
La monosomia
di qualsiasi cromosoma autosomico è sempre incompatibile con lo
sviluppo dell'embrione.
Tra le trisomie
autosomiche,
l'uomo può tollerare solo la trisomia del più
piccolo
cromosoma del genoma, il cromosoma 21, i cui circa 200 geni sono in
numero
relativamente piccolo. In realtà, sono stati descritti anche
casi di individui con trisomia 18 che hanno raggiunto l'adolescenza. Si
noti che nessun gene ha sequenza alterata:
è
semplicemente presente in quantità eccessiva (effetto di
"dosaggio
genico").
La trisomia 21
determina
il quadro della Sindrome di Down.
La
Sindrome di Down prende il nome dal medico di base inglese John Langdon
Down, che la descrisse nel 1866 con la semplice osservazione. Nel 1958
Jerome Lejeune, genetista francese, dimostrò la correlazione tra
la presenza della sindrome e la presenza in tre copie del cromosoma 21
nelle cellule (trisomia 21), dimostrando per la prima volta nella
storia
della Medicina il legame specifico tra una malattia umana e una
variazione
del materiale genetico.
E'
la più frequente causa costituzionale di ritardo mentale, e si
riscontra
in tutte le regioni geografiche e in tutti i gruppi etnici con la
stessa
frequenza: 1/400 concepiti, e 1/700 nati vivi, poiché in molti
casi
si ha aborto spontaneo.
I sintomi comprendono: una facies caratteristica (rima palpebrale obliqua dall'alto verso il basso dall'esterno all'interno, radice appiattita del naso, lingua grande in proporzione alla bocca, pieghe delle palme delle mani - dermatoglifi - caratteristiche, ampio spazio tra il I e il II dito del piede); ritardo mentale, di grado molto variabile anche a seconda dell'educazione ricevuta, che interessa il pensiero simbolico, con affettività e socialità conservate; malformazioni cardiache nel 30-40% dei casi; ipotonia muscolare; aumentato rischio di leucemia, in particolare megacarioblastica (proliferazione anomala di cellule di tipo megacariocitario); disturbi immunitari ed endocrini; invecchiamento biologico precoce per alcuni aspetti simile a quello osservato nel morbo di Alzheimer.
Il cariotipo di
un
maschio e di una femmina è, rispettivamente:
47,XY,+21
(Figura:
http://www.tokyo-med.ac.jp/genet/kry/tri215k.jpg)
47,XX,+21
(Figura:
http://www.tokyo-med.ac.jp/genet/kry/tri213k.jpg)
MECCANISMI DELLA TRISOMIA 21
1. Il caso
più
frequente (95%) è quello di errori alla meiosi, in
particolare
è dimostrato che l'errore più frequentemente si verifica
nella prima divisione meiotica dell'ovocita (non disgiunzione in
meiosi
I materna). L'errore può comunque avvenire sia nella prima
sia
nella seconda divisione meiotica, e sia nelle cellule germinali
femminili
che in quelle maschili. L'errore nello svolgere la meiosi non è
prevedibile sulla base della costituzione genetica dei due genitori:
è
un fatto che si verifica durante la divisioni cellulari caratteristiche
della ovogenesi e della spermatogenesi.
La "non
disgiunzione"
dei cromosomi 21 omologhi consiste nella mancata separazione dei
due
cromosomi omologhi del cromosoma 21 durante la prima divisione
meiotica:
pertanto parte dei gameti potrà avere alla fine due cromosomi
21.
Se viene fecondato ad esempio un ovulo con due cromosomi 21, l'aggiunta
di un altro cromosoma 21 normalmente presente nello spermatozoo
porterà
a un totale di 3 cromosomi 21 nello zigote.
La "non
disgiunzione"
dei due cromatidi di un cromosoma 21 durante la seconda divisione
meiotica
consiste nella la mancata separazione dei due cromatidi di un cromosoma
21, che può di nuovo portare alla presenza di due cromosomi 21
in
un gamete, che dovrebbe normalmente avere un solo cromosoma 21.
La maggiore
frequenza
di errori nella ovogenesi può essere in relazione con il fatto
che
l'unico fattore di rischio riconosciuto è quello dell'età
materna: il rischio aumenta gradualmente,
passando
da 1/1400 per concepimenti tra i 20 e i 24 anni a 1/25 oltre i 44 anni
(Hook EB, JAMA 249:2034-2038, 1983 citato in: http://www.ds-health.com/risk.htm).
Si può infatti ipotizzare che con il crescere dell'età
materna
si allunga progressivamente il tempo passato dall'ovocita in Profase I
(la meiosi nell'ovocita procede oltre questa fase solo per un piccolo
numero
di cellule che dopo la maturità sessuale periodicamente maturano
in seguito agli stimoli ormonali, ed è completata solo dopo la
eventuale
fecondazione). Se quindi un ovocita matura in età più
avanzata,
può aver trascorso anche 40 anni arrestato allo stadio di
diplotene
della profase della prima divisione meiotica, accumulando eventuali
danni
cellulari nel tempo.
Una spiegazione
alternativa
possibile è che con l'età non vi sia un aumento di meiosi
anomale, ma si evidenzi piuttosto un difetto di selezione naturale nei
confronti
degli embrioni aneuploidi.
Si
noti che poiché le donne che partoriscono sono statisticamente
per
la maggior parte giovani, anche se il rischio aumenta con l'età
la maggior parte di soggetti Down nasce comunque da donne non di
età
avanzata.
2. Nel 4-5% dei casi, uno dei due genitori è portatore (eterozigote) di una traslocazione robertsoniana che coinvolge il cromosoma 21, per cui può formare parte dei gameti sbilanciati. In questi casi vi è ovviamente un rischio maggiore di avere un secondo figlio con la sindrome rispetto al rischio corso da genitori con cariotipo normale che abbiano già avuto un figlio affetto.
3.
Più
raramente, il soggetto con Sindrome di Down è un mosaico di
cellule normali e di cellule con trisomia 21 in seguito ad anomalie
della mitosi che si verificano durante lo sviluppo dell'embrione,
derivato
da gameti normali e inizialmente costituito da cellule normali. I
sintomi
possono allora essere tanto più attenuati quanto maggiore
è
la proporzione di cellule normali, almeno in alcuni casi.
DIAGNOSI DELLA
TRISOMIA
21
I sintomi sono solo
indicativi: la diagnosi certa si pone solo mediante l'analisi
citogdnetica
(analisi del cariotipo) eseguita sui linfociti del sangue periferico
del
bambino.
In epoca prenatale
si può anche eseguire la diagnosi su cellule fetali, prelevate
dal
liquido amniotico (amniocentesi, dalla XV settimana di gravidanza) o
dai
villi coriali (villocentesi, dalla X settimana). Queste manovre sono
gravate
da una percentuale addizionale di aborti conseguenti alla esecuzione
della
manovra stessa che va dallo 0,5% al 2%, indipendentemente dallo stato
di
salute del feto. Per questo prima di arrivare a proporle esistono vari
test di "screening" per la valutazione della probabilità di una
patologia cromosomica fetale, che variano da Nazione a Nazione e si
basano
su rilievi ecografici o dosaggi di marcatori nel sangue materno.
Tuttavia
la sensibilità tutt'oggi raggiunta da questi test è
collocabile
intorno al'85% (15% di falsi negativi, ossia casi nei quali l'anomalia
è presente ma il test non la rileva) con un tasso di falsi
positivi
del 5% (anomalia assente ma il test la segnala).
In ogni caso anche
la diagnosi prenatale sulle cellule fetali presenta un problema di
falsi
negativi, in particolare nel caso della villocentesi, perché a
causa
del mosaicismo dei villi o dell'embrione (presenza di cellule con
diversa
costituzione genetica nello stesso tessuto od organismo) il cariotipo
delle
cellule prelevate e analizzate può non coincidere con quello
prevalente
effettivamente nell'embrione.
GENETICA
MOLECOLARE
DELLA TRISOMIA 21
Si presume che i
sintomi
derivino dalla presenza in eccesso di prodotti proteici codificati dai
geni del cromosoma 21, nell'ambito dello squilibrio del "dosaggio
genico";
per diversi di tali geni l'eccesso di proteina oelle cellule è
stato
effettivamente dimostrato.
La descrizione di
alcuni soggetti con Sindrome di Down e assenza di trisomia 21, in
presenza
di una duplicazione lungo lo stesso cromosoma 21 della sola banda
21q22,
evidenziabile attraverso l'analisi citogenetica, fa ritenere che i geni
presenti in questa regione possano essere particolarmente importanti
nel
determinare il fenotipo Down.
Inoltre in
pochissimi
casi è stato descritto il fenotipo Down senza alcuna anomalia
apparente
nel cariotipo, rimanendo quindi la possibilità che una
alterazione
genica fine possa giustificare i sintomi, semplificando un eventuale
intervento
molecolare, più difficile da dirigere verso molti geni
simultaneamente.
Dal punto di vista
di una terapia molecolare si potrebbe anche prospettare idealmente il
"silenziamento"
del cromosoma aggiuntivo mediante l'uso controllato di meccanismi
simili
a quelli che inattivano uno dei due cromosomi X nelle femmine.
Jérôme
Lejeune, lo scopritore come detto della trisomia 21, era fiducioso
sulla
possibilità di trovare una terapia per la Sindrome: “La
troveremo,
è impossibile che non riusciamo a trovarla. E’ una impresa
intellettuale
meno difficile che spedire un uomo sulla luna”. E’ un esempio del fatto
che senza una ipotesi positiva, non si fa ricerca. La sfida di una
terapia molecolare per la Sindrome di Down è oggi raccolta da
pochi
ricercatori ed enti finanziatori, tra i quali ultimi vi è la Fondazione
Mejeune (http://www.fondationlejeune.org/eng/Default.asp). A questa istituzione
appartiene Sylvie de Kermadec, autrice di un originale documento sul
problema della diagnostica e terapia della sindrome (www.unisi.it/bcm/risorsa-down/trisomia21.doc).