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MUTAZIONI


La mutazione è un cambiamento del patrimonio genetico (da "mutare", cambiare).

Le mutazioni sono dovute a errori nella replicazione oppure nella ridistribuzione (alla mitosi e alla meiosi) del patrimonio genetico.
Possiamo classificare le mutazioni in diversi modi: secondo la loro origine, il tipo di cellule colpite, i loro effetti, e la dimensione della regione colpita da mutazione.

A) ORIGINE DELLE MUTAZIONI
1. MUTAZIONE SPONTANEA: in questi casi non sappiamo rintracciare una causa specifica, ma osserviamo che in natura si è prodotto un errore nella struttura del materiale genetico.

La base molecolare degli errori di replicazione è costituita dalla diversità di configurazioni che possono assumere gli atomi posti nelle molecole ad anello di cui sono formate le basi azotate. Normalmente la A si appaia con la T e la G con la C (legami canonici). Le oscillazioni di alcuni atomi permettono, per un tempo limitato, la formazione di legami idrogeno non corretti tra due basi, ad esempio potrebbe essere inserito un nucleotide con la base C (anziché T) ad un livello della catena stampo che espone la base A. avremo un appaiamento anomalo A-C, e il filamento con la C, quando sarà replicato a sua volta, farà da stampo per l'incorporazione corretta di un nucleotide con la base G nella posizione corrispondente alla C, per cui alla fine in questa molecola avremo una coppia G-C quando originariamente era presente una coppia A-T.
La frequenza di errori di questo tipo sarebbe piuttosto alta, se durante la duplicazione del DNA non agissero delle proteine enzimatiche che funzionano come "correttori di bozze", essendo in grado di rimuovere la base che si è appaiata in modo scorretto e di sostituirla con quella giusta. Tuttavia, anche questi meccanismi di "riparazione del DNA" sono soggetti ad errori, e, non essendo efficaci al 100%, permettono l'insorgenza di mutazioni.

La base molecolare degli errori nella ridistribuzione dei cromosomi tra le cellule figlie consiste in errori compiuti al momento dell'appaiamento e del crossing-over dei cromosomi alla meiosi, con il risultato di alterazioni nella struttura dei cromosomi, oppure in problemi nella ripartizione dei cromosomi tra le due cellule figlie alla meiosi (o anche alla mitosi) con il risultato che alcune cellule avranno un eccesso e altre un difetto nel numero di cromosomi.

2. MUTAZIONE INDOTTA:  in questi casi riusciamo a identificare la possibile causa che ha originato la mutazione. Infatti, l'esposizione a determinati agenti aumenta di molto la frequenza naturale delle mutazioni. Le mutazioni possono essere indotte da vari agenti, detti AGENTI MUTAGENI ("che generano mutazioni"), di diverso tipo:
* MUTAGENI FISICI, come alcuni tipi di radiazioni (i raggi X, altre radiazioni ionizzanti, i raggi ultravioletti). Queste radiazioni possono alterare la configurazione degli elettroni  degli atomi che costituiscono le molecole di DNA, causando errori nel funzionamento del materiale genetico.
* MUTAGENI CHIMICI (alcuni tipo di conservanti o coloranti, il condensato delle sigarette, i gas di scarico, ecc.). I mutageni chimici presentano affinità per le basi azotate del DNA, vi si legano, e ne determinano l'appaiamento errato.

B) TIPO DI CELLULE COLPITE DALLE MUTAZIONI
La mutazione può colpire qualsiasi cellula dell'organismo che ha il materiale genetico. In un organismo a riproduzione sessuata, si distinguono due grandi tipi di cellule:
CELLULE SOMATICHE (letteralmente "cellule del corpo", in greco "soma"; in pratica sono tutte le cellule dell'organismo eccetto quelle germinali);
CELLULE GERMINALI, ossia le cellule che possono dare origine a un nuovo individuo; le cellule germinali mature sono anche dette GAMETI, dal greco "gamein", "unirsi in matrimonio", e sono di tipo diverso per ciascun sesso: ovulo, o ovocita, nella donna e spermatozoo, o spermio, nell'uomo.

Se la mutazione colpisce una cellula somatica, sarà trasmessa alle cellule che da essa originano da quel momento in poi, all'interno di un certo tessuto. Pertanto la mutazione rimarrà confinata in un settore dell'organismo di quell'individuo e morirà con lui.
Se la mutazione colpisce invece una cellula germinale, che in seguito alla unione con un'altra cellula germinale (fecondazione) dia origine a un nuovo individuo, la mutazione sarà trasmessa a tutte le cellule del nuovo individuo, in qualunque tessuto. Infatti, l'errore presente nello zigote (la cellula costituita dall'unione dei due gameti) sarà copiato in tutte le cellule dell'organismo che da quello  zigote deriva, comprese le sue stesse cellule germinali, per cui l'errore si trasmetterà di generazione in generazione.

C) EFFETTI DELLE MUTAZIONI
La mutazione può essere LETALE, nel senso che causa la morte dell’individuo, come nel caso di alcuni aborti spontanei, oppure anche nel senso che impedisce all'individuo di riprodursi, in quanto egli muore in giovane età, o comunque non è in grado di avere figli anche se raggiunge l'età riproduttiva.
La mutazione è detta SUBLETALE se l’individuo si può sviluppare, crescere e avere figli, ma in numero inferiore rispetto ai soggetti non affetti dalla mutazione.
Una mutazione può anche essere NEUTRA: l’individuo ha una modifica del DNA, in assenza di qualsiasi effetto rilevabile sulla sua fisiologia, e senza nessun sintomo clinico.
Le mutazioni possono infine anche avere effetti positivi, portando alla comparsa di una nuova caratteristica che migliora l'adattamento del soggetto all'ambiente. un classico esempio è la mutazione che causa la beta talassemia, se presente allo stato di eterozigosi (in un solo cromosoma): allora l'individuo non solo non ha i sintomi della malattia, ma potrebbe avere un vantaggio, rispetto ad individui senza la mutazione, nella probabilità di sopravvivenza in una regione malarica. Infatti, i parassiti della malaria non possono proliferare nei globuli rossi di questi soggetti, che risultano quindi protetti dal rischio di contrarre la malaria.

D) ESTENSIONE DELLA MUTAZIONE
Questo ultimo criterio di classificazione delle mutazioni riguarda la estensione della regione della molecola di DNA che è stata alterata. La più piccola alterazione possibile è quella di una sola base, poiché il nucleotide è l'unità elementare del DNA, mentre le alerazioni più estese possono coinvolgere anche parti significative di un cromosoma, o persino il numero dei cromosomi stessi.

*MUTAZIONE GENICA è quella che colpisce la struttura di un solo gene.
*MUTAZIONE CROMOSOMICA è quella che colpisce la struttura di un cromosoma.
*MUTAZIONE GENOMICA è quella che colpisce l’intero genoma, nel senso che c'è una alterazione nello stesso numero dei cromosomi, ad es. uno in più o uno in meno.

Ricorrendo al classico esempio del genoma come una enciclopedia in più volumi (i cromosomi), potremmo dire che la mutazione genica consiste in errori di battitura in poche lettere o parole di un capitolo di un volume, la mutazione cromosomica in errori nella confezione di un intero volume, e la mutazione genetica nella mancanza di uno o più volumi dell'enciclopedia, o in un eccesso di volumi. Non sempre la gravità della malattia è proporzionale alla entità del danno del patrimonio genetico: molte gravi malattie genetiche umane possono essere dovute alla sostituzione di una sola base di un gene.

Nella mutazione  genica viene prodotta una proteina errata, quella codificata dal gene colpito: o vi sono errori nella sua sequenza amminoacidica, conseguenti agli errori nella sequenza di basi delle triplette codificanti nel DNA, o ne viene prodotta una quantità alterata per eccesso o per difetto, se sono avvenute mutazioni nella sequenza del promotore, la regione di DNA che regola la trascrizione del gene in mRNA, e quindi determina la quantità del prodotto genico finale, che è la proteina.
Nella mutazione cromosomica possono essere alterate le posizioni di interi gruppi di geni, e molti geni possono essere mancanti o presenti in un numero eccessivo di copie; gli effetti saranno la somma delle alterazioni conseguenti delle relative proteine.
La mutazione genomica, alterando il numero dei cromosomi, è raramente compatibile con la vita. Quando è tollerata, pur causando patologia, questo avviene perchè il cromosoma mancante o in eccesso contiene un numero relativamente piccolo di geni.
 

1) MUTAZIONI GENICHE

Le mutazioni geniche interessano la struttura fine del gene. Spesso sono limitate alla alterazione della sequenza del gene a livello di una o poche basi, e allora si indicano come "mutazioni puntiformi".
Osserviamo tutte le possibili alterazioni che una sequenza potrebbe avere, deducendone l'effetto sulla proteina.

SOSTITUZIONE NUCLEOTIDICA

La alterazione più semplice è la sostituzione nucleotidica, per cui, a causa di errori nella replicazione del DNA, al posto della base normalmente presente in una certa posizione della sequenza se ne trova un'altra.
Se la sostituzione avviene a livello di una tripletta che codifica per un amminoacido, vi sono tre possibilità:

* la tripletta mutata specifica lo stesso amminoacido di quella normale, quindi la proteina non cambia e non vi sono effetti; si parla allora di mutazione silente, possibile grazie al fatto che il codice genetico è degenerato;

* la tripletta mutata specifica un diverso amminoacido, che durante la sintesi proteica sarà allora inserito al posto di quello normale, causando eventualmente un malfunzionamento più o meno grande della proteina, anche a seconda della importanza della regione alterata della proteina per il suo funzionamento complessivo. Questo tipo di mutazione è detta mutazione di senso (in inglese, "missense", senso errato), perché cambia il senso del messaggio genetico;

* la tripletta non specifica alcun amminoacido, perché si è trasformata in una delle tre triplette che, una volta trascritte sull'mRNA, costituiscono il segnale di arresto della sintesi proteica (codoni di stop: UAA, UAG, UGA). Queste mutazioni sono chiamate mutazioni non senso (inglese "nonsense", in quanto non portano le informazioni per l'inserzione di alcun amminoacido), Durante la traduzione, la tripletta mutata sull'mRNA sarà letta come codone di stop, e la sintesi della proteina terminerà prematuramente, con l'effetto della produzione di una proteina "troncata" rispetto a quella normale, normalmente non funzionante.

INSERZIONE NUCLEOTIDICA

Le mutazioni per inserzione comportano la inserzione di nucleotidi aggiuntivi a un certo livello della sequenza del DNA. Se la inserzione avviene tra basi che fanno parte di triplette codificanti del gene (quelle destinate a essere tradotte in amminoacidi), possiamo avere due effetti possibili:

* la inserzione di una base, o di due basi, o di un numero di basi superiore ma non multiplo di 3, porta allo sfasamento di tutte le triplette dal punto della inserzione in poi. Durante la traduzione, il meccanismo di interpretazione delle triplette di basi, che inizia la lettura a livello del primo codone AUG sull'mRNA e prosegue leggendo di seguito le tre basi successive, e così via di tre in tre, sarà profondamente alterato dal momento in cui leggerà una tripletta che include la base inserita, non presente sulla sequenza normale. La posizione delle basi normali si ritrova "slittata" in avanti, e l'errore si ripercuote sulla lettura di tutte le triplette successive. Il fenomeno è chiamato anche "scivolamento del modulo di lettura" (in inglese, "frameshift") e comporta l'aggiunta di amminoacidi errati dal punto della mutazione in poi, o più spesso la formazione di un codone di arresto prematuro. In ogni caso la sequenza amminoacidica naturale è gravemente alterata;

* il secondo effetto possibile si ha se si verifica la inserzione di un numero di basi multiplo di 3 (ad es. 3, 6, 9...): allora avremo, al momento della traduzione, la aggiunta di ulteriori amminoacidi codificati dalle triplette inserite per errore, e la proteina risulterà più lunga (ad es. di 1, 2, 3... amminoacidi). L'effetto sulla funzione della proteina varia a seconda del numero di amminoacidi in eccesso, e della importanza più o meno critica della regione della proteina così modificata per la funzione della proteina stessa.

DELEZIONE NUCLEOTIDICA

La perdita di una o più basi rispetto alla sequenza normale del DNA è detta delezione nucleotidica.
Analogamente a quanto osservato per la inserzione, vi sono principalmente due effetti possibili sulla sequenza delle triplette codificanti:

* la perdita di una base, o due, o di un numero di basi superiore ma non multiplo di 3, porta allo sfasamento di tutte le triplette dal punto della delezione in poi. Il "frameshift" comporterà l'inserzione di amminoacidi errati per lunghi tratti della proteina, o più spesso la formazione di un codone di arresto prematuro. In ogni caso la sequenza amminoacidica naturale è gravemente alterata;

* la perdita di un numero di basi multiplo di 3 (ad es. 3, 6, 9...) comporta la mancata aggiunta alla proteina degli amminoacidi codificati dalle triplette perse, e la proteina risulterà più corta (ad es. di 1, 2, 3... amminoacidi). L'effetto sulla funzione della proteina varia a seconda del numero di amminoacidi mancanti e della loro importanza più o meno critica per la funzione della proteina.

INVERSIONE

Una regione del DNA di un gene può staccarsi, e reinserirsi nell'orientamento sbagliato. Gli effetti sono di solito gravi, perché è sovvertita una regione più o meno ampia della sequenza normale.

DIAGNOSTICA

Le mutazioni geniche riguardano la struttura fine del gene, e di non sono visibili osservando i cromosomi, ma solo con metodi di indagine più sofisticati che permettono di determinare con esattezza la sequenza nucleotidica di un dato gene in un certo paziente. La scoperta della reazione a catena della polimerasi (PCR), un metodo per amplificare in provetta il DNA di un individuo a piacimento, ha reso molto più praticabile l'utilizzo del sequenziamento di un gene come metodo diagnostico, in unione alla maggiore diffusione e al minore costo di strumenti fortemente automatizzati per la determinazione della sequenza di una regione di DNA ("sequenziatori automatici").
 

2) MUTAZIONI CROMOSOMICHE

La mutazione colpisce la struttura di uno o più cromosomi, sovvertendola per regioni più o meno ampie, dell'ordine di grandezza di milioni di basi; si ricordi che i cromosomi umani sono molecole di DNA estese da circa 45 milioni di basi (Mb) a circa 279 Mb.

DELEZIONE CROMOSOMICA
E' la perdita di un segmento del cromosoma. La conseguenza è la mancanza di tutti i geni presenti nella regione deleta, che determina sindromi complesse a seconda della funzione dei diversi geni. La delezione cromosomica può essere terminale, se viene perso un tratto posto all'estremità del cromosoma, o interstiziale, se riguarda una regione interna del cromosoma.
 

INVERSIONE CROMOSOMICA
Una regione del cromosoma può staccarsi, e reinserirsi nell'orientamento sbagliato. Si devono quindi formare due punti di rottura sul cromosoma, cui segue la rotazione di 180 gradi del tratto compreso tra le rotture e la sua reintegrazione nel cromosoma stesso. Gli effetti possono essere molto piccoli, se non viene interrotto un gene nei punti di taglio e ricucitura.

INSERZIONE CROMOSOMICA
E' l'inserzione di un frammento cromosomico all'interno di un altro cromosoma.

DUPLICAZIONE CROMOSOMICA PARZIALE
E' la presenza di un segmento cromosomico duplicato, per cui i geni della regione duplicata sono presenti due volte sullo stesso cromosoma (e il gene sarà quindi in tre copie, considerando anche la copia presente sul cromosoma omologo derivato dall'altro genitore).

TRASLOCAZIONE
E' il trasferimento di un segmento cromosomico su un altro cromosoma. Si ha traslocazione non reciproca se il trasferimento avviene semplicemente da un cromosoma all'altro, e traslocazione reciproca se due cromosomi (non omologhi) si scambiano reciprocamente un frammento.
Il frammento traslocato si lega alla estremità del cromosoma su cui va a trasferirsi.
L'effetto può non essere dannoso per l'individuo, perché sono comunque presenti tutte le informazioni genetiche, seppure in una disposizione diversa; è come se una parte di un volume di una enciclopedia fosse rimossa e rilegata in un altro volume, ma la somma delle informazioni è la stessa.

Tuttavia, se una mutazione simile avviene nei gameti, alla meiosi, con il dimezzamento del patrimonio genetico, un gamete avra' un eccesso di materiale genetico e l'altro un difetto, e alla fecondazione si avrà comunque un patrimonio complessivo sbilanciato e con effetti dannosi per il nuovo individuo che si sviluppa da tali gameti.
TRASLOCAZIONE ROBERTSONIANA (detta anche FUSIONE CENTRICA)  (schema)
E' la fusione di due cromosomi acrocentrici (gruppi D-G: 13-14-15 e 21-22) a livello del centromero, dopo perdita delle rispettive braccia corte.
Di solito interessa cromosomi non omologhi.
Alla meiosi, si avrà una segregazione di tipo 2:1, con 6 tipi di gameti possibili.
Gli zigoti potranno essere: 1 normale, 1 con traslocazione bilanciata, 2 trisomici (sbilanciati, es. +14 e +21), 2 monosomici (sbilanciati, es. -14 e -21).
(schema)
 

3) MUTAZIONI GENOMICHE

L'intero equilibrio genomico è disturbato dalla presenza di un numero errato di cromosomi, dovuto ad errori nella ridistribuzione dei cromosomi durante la meiosi, o durante la mitosi, nelle prime fasi di sviluppo dell'individuo.
Si parla di poliploidia se il numero di cromosomi è un multiplo esatto di quello normale. Le aneuploidie sono mutazioni con numero errato di cromosomi, che non è multiplo del numero normale; ad es.:
trisomia, se sono presenti tre copie di un cromosoma anziché le due normali (con un totale di 47 cromosomi), e
monosomia se è presente una sola copia, risultando così un totale di 45 cromosomi.
L'effetto è la presenza di copie in eccesso o in difetto di tutti i geni che sono presenti su ciascun cromosoma guadagnato o perso, con conseguente alterazione nella quantità di mRNA e quindi di proteina che ciascun gene può produrre. Poiché su un cromosoma vi sono centinaia o migliaia di geni, spesso questa alterazione è incompatibile con uno sviluppo normale, ed è causa frequente di aborto spontaneo.

La monosomia di qualsiasi cromosoma autosomico è sempre incompatibile con lo sviluppo dell'embrione.
Tra le trisomie autosomiche, l'uomo può tollerare solo la trisomia del più piccolo cromosoma del genoma, il cromosoma 21, i cui circa 200 geni sono in numero relativamente piccolo. In realtà, sono stati descritti anche casi di individui con trisomia 18 che hanno raggiunto l'adolescenza. Si noti che nessun gene ha sequenza alterata: è semplicemente presente in quantità eccessiva (effetto di "dosaggio genico").
La trisomia 21 determina il quadro della Sindrome di Down.

La Sindrome di Down prende il nome dal medico di base inglese John Langdon Down, che la descrisse nel 1866 con la semplice osservazione. Nel 1958 Jerome Lejeune, genetista francese, dimostrò la correlazione tra la presenza della sindrome e la presenza in tre copie del cromosoma 21 nelle cellule (trisomia 21), dimostrando per la prima volta nella storia della Medicina il legame specifico tra una malattia umana e una variazione del materiale genetico.
E' la più frequente causa costituzionale di ritardo mentale, e si riscontra in tutte le regioni geografiche e in tutti i gruppi etnici con la stessa frequenza: 1/400 concepiti, e 1/700 nati vivi, poiché in molti casi si ha aborto spontaneo.

I sintomi comprendono: una facies caratteristica (rima palpebrale obliqua dall'alto verso il basso dall'esterno all'interno, radice appiattita del naso, lingua grande in proporzione alla bocca, pieghe delle palme delle mani - dermatoglifi - caratteristiche, ampio spazio tra il I e il II dito del piede); ritardo mentale, di grado molto variabile anche a seconda dell'educazione ricevuta, che interessa il pensiero simbolico, con affettività e socialità conservate; malformazioni cardiache nel 30-40% dei casi; ipotonia muscolare; aumentato rischio di leucemia, in particolare megacarioblastica (proliferazione anomala di cellule di tipo megacariocitario); disturbi immunitari ed endocrini; invecchiamento biologico precoce per alcuni aspetti simile a quello osservato nel morbo di Alzheimer.

Il cariotipo di un maschio e di una femmina è, rispettivamente:
47,XY,+21 (Figura: http://www.tokyo-med.ac.jp/genet/kry/tri215k.jpg)
47,XX,+21 (Figura: http://www.tokyo-med.ac.jp/genet/kry/tri213k.jpg)

MECCANISMI DELLA TRISOMIA 21

1. Il caso più frequente (95%) è quello di errori alla meiosi, in particolare è dimostrato che l'errore più frequentemente si verifica nella prima divisione meiotica dell'ovocita (non disgiunzione in meiosi I materna). L'errore può comunque avvenire sia nella prima sia nella seconda divisione meiotica, e sia nelle cellule germinali femminili che in quelle maschili. L'errore nello svolgere la meiosi non è prevedibile sulla base della costituzione genetica dei due genitori: è un fatto che si verifica durante la divisioni cellulari caratteristiche della ovogenesi e della spermatogenesi.
La "non disgiunzione" dei cromosomi 21 omologhi consiste nella mancata separazione dei due cromosomi omologhi del cromosoma 21 durante la prima divisione meiotica: pertanto parte dei gameti potrà avere alla fine due cromosomi 21. Se viene fecondato ad esempio un ovulo con due cromosomi 21, l'aggiunta di un altro cromosoma 21 normalmente presente nello spermatozoo porterà a un totale di 3 cromosomi 21 nello zigote.
La "non disgiunzione" dei due cromatidi di un cromosoma 21 durante la seconda divisione meiotica consiste nella la mancata separazione dei due cromatidi di un cromosoma 21, che può di nuovo portare alla presenza di due cromosomi 21 in un gamete, che dovrebbe normalmente avere un solo cromosoma 21.

La maggiore frequenza di errori nella ovogenesi può essere in relazione con il fatto che l'unico fattore di rischio riconosciuto è quello dell'età materna: il rischio aumenta gradualmente, passando da 1/1400 per concepimenti tra i 20 e i 24 anni a 1/25 oltre i 44 anni (Hook EB, JAMA 249:2034-2038, 1983 citato in: http://www.ds-health.com/risk.htm).  Si può infatti ipotizzare che con il crescere dell'età materna si allunga progressivamente il tempo passato dall'ovocita in Profase I (la meiosi nell'ovocita procede oltre questa fase solo per un piccolo numero di cellule che dopo la maturità sessuale periodicamente maturano in seguito agli stimoli ormonali, ed è completata solo dopo la eventuale fecondazione). Se quindi un ovocita matura in età più avanzata, può aver trascorso anche 40 anni arrestato allo stadio di diplotene della profase della prima divisione meiotica, accumulando eventuali danni cellulari nel tempo.
Una spiegazione alternativa possibile è che con l'età non vi sia un aumento di meiosi anomale, ma si evidenzi piuttosto un difetto di selezione naturale nei confronti degli embrioni aneuploidi.
Si noti che poiché le donne che partoriscono sono statisticamente per la maggior parte giovani, anche se il rischio aumenta con l'età la maggior parte di soggetti Down nasce comunque da donne non di età avanzata.

2. Nel 4-5% dei casi, uno dei due genitori è portatore (eterozigote) di una traslocazione robertsoniana che coinvolge il cromosoma 21, per cui può formare parte dei gameti sbilanciati. In questi casi vi è ovviamente un rischio maggiore di avere un secondo figlio con la sindrome rispetto al rischio corso da genitori con cariotipo normale che abbiano già avuto un figlio affetto.

3. Più raramente, il soggetto con Sindrome di Down è un mosaico di cellule normali e di cellule con trisomia 21 in seguito ad anomalie della mitosi che si verificano durante lo sviluppo dell'embrione, derivato da gameti normali e inizialmente costituito da cellule normal: I sintomi possono allora essere tanto più attenuati quanto maggiore è la proporzione di cellule normali, almeno in alcuni casi.
 

DIAGNOSI DELLA TRISOMIA 21
I sintomi sono solo indicativi: la diagnosi certa si pone solo mediante l'analisi citogenetica (analisi del cariotipo) eseguita sui linfociti del sangue periferico del bambino.
In epoca prenatale si può anche eseguire la diagnosi su cellule fetali, prelevate dal liquido amniotico (amniocentesi, dalla XV settimana di gravidanza) o dai villi coriali (villocentesi, dalla X settimana). Queste manovre sono gravate da una percentuale addizionale di aborti conseguenti alla esecuzione della manovra stessa che va dallo 0,5% al 2%, indipendentemente dallo stato di salute del feto. Per questo prima di arrivare a proporle esistono vari test di "screening" per la valutazione della probabilità di una patologia cromosomica fetale, che variano da Nazione a Nazione e si basano su rilievi ecografici o dosaggi di marcatori nel sangue materno. Tuttavia la sensibilità tutt'oggi raggiunta da questi test è collocabile intorno al'85% (15% di falsi negativi, ossia casi nei quali l'anomalia è presente ma il test non la rileva) con un tasso di falsi positivi del 5% (anomalia assente ma il test la segnala).
In ogni caso anche la diagnosi prenatale sulle cellule fetali presenta un problema di falsi negativi, in particolare nel caso della villocentesi, perché a causa del mosaicismo dei villi o dell'embrione (presenza di cellule con diversa costituzione genetica nello stesso tessuto od organismo) il cariotipo delle cellule prelevate e analizzate può non coincidere con quello prevalente effettivamente nell'embrione.

GENETICA MOLECOLARE DELLA TRISOMIA 21
Si presume che i sintomi derivino dalla presenza in eccesso di prodotti proteici codificati dai geni del cromosoma 21, nell'ambito dello squilibrio del "dosaggio genico"; per diversi di tali geni l'eccesso di proteina nelle cellule è stato effettivamente dimostrato.
La descrizione di alcuni soggetti con Sindrome di Down e assenza di trisomia 21, in presenza di una duplicazione lungo lo stesso cromosoma 21 della sola regione 21q22, evidenziabile attraverso l'analisi citogenetica, fa ritenere che i geni presenti in questa regione possano essere particolarmente importanti nel determinare il fenotipo Down.
Inoltre in pochissimi casi è stato descritto il fenotipo Down senza alcuna anomalia apparente nel cariotipo, rimanendo quindi la possibilità che una alterazione genica fine possa giustificare i sintomi, semplificando un eventuale intervento molecolare, più difficile da dirigere verso molti geni simultaneamente.
Dal punto di vista di una terapia molecolare si potrebbe anche prospettare idealmente il "silenziamento" del cromosoma aggiuntivo mediante l'uso controllato di meccanismi simili a quelli che inattivano uno dei due cromosomi X nelle femmine.
Jérôme Lejeune, lo scopritore come detto della trisomia 21, era fiducioso sulla possibilità di trovare una terapia per la Sindrome: “La troveremo, è impossibile che non riusciamo a trovarla. E’ una impresa intellettuale meno difficile che spedire un uomo sulla luna”. E’ un esempio del fatto che senza una ipotesi positiva, non si fa ricerca. La sfida di una terapia molecolare per la Sindrome di Down è oggi raccolta da pochi ricercatori ed enti finanziatori, tra i quali ultimi vi è la Fondazione Lejeune (http://www.fondationlejeune.org/eng/Default.asp). A questa istituzione appartiene Silvie de Kermadec, autrice di un originale documento sul problema della diagnostica e terapia della sindrome (www.unisi.it/bcm/risorsa-down/trisomia21.doc).